Sebbene l’elettricità sia una forma di energia sicura e pulita quando viene consumata, la generazione e la trasmissione di quest’ultima ha degli effetti negativi sull’ambiente. Praticamente tutte le centrali elettriche impattano in qualche modo sul territorio, inclusi le centrali solari e i parchi eolici, ma chiaramente alcune impattano più di altre. 

Ciascuno stato ha le proprie leggi e i propri limiti per regolamentare le emissioni inquinanti e negli anni le tecnologie sono state implementate in modo da abbassare gli effetti sull’ambiente. Ad esempio, una maggiore efficienza dei cicli di produzione consente di ridurre le perdite energetiche e quindi di evitare emissioni inquinanti.

L’impatto delle centrali elettriche sul territorio ‘e legato innanzitutto al luogo dove queste vengono costruite. Alcune vengono collocate vicino o all’interno delle città, quindi il loro impatto può essere considerato limitato.

La maggior parte delle centrali elettriche però, richiedono innanzitutto che l’area dove dovranno essere costruite venga ripulita e messa in sicurezza, il che comporta spese energetiche consistenti. Anche le infrastrutture collegate, come strade di accesso, superstrade, condutture, oleodotti, metanodotti per il trasporto del carburante danno il proprio contributo al problema.

Ultimo, ma non per importanza, è l’apporto derivante dalle fonti fossili che vengono bruciate e rilasciano polveri sottili e inquinanti altamente impattanti.

Quali sostanze sono considerate inquinanti?

inquinamento elettrico in italia

Tra le sostanze emesse nella generazione energetica ci sono:

  • L’anidride carbonica (CO2), il più conosciuto dei gas serra.
  • Il monossido di carbonio (CO), un altro gas velenoso.
  • L’anidride solforosa (SO2), elemento principale causa delle piogge acide, ma dannoso anche per la salute umana (problemi respiratori e malattie cardiovascolari).
  • Ossidi di azoto (NOx), irritano e danneggiano i polmoni.
  • Il particolato atmosferico (PM) è sempre all’ordine del giorno nei telegiornali italiani. Genera problemi ai polmoni come l’asma, bronchiti e emfisemi.
  • Metalli pesanti come il mercurio, in piccolissime quantità sono comunque pericolosi.

Secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organizzazione internazionale parte delle Nazioni Unite, delle emissioni di gas serra nell’ambiente il 25% proviene dalla produzione di elettricità. È il settore più inquinante in assoluto, seguito da agricoltura e reparti collegati con il 24% e dall’industria con il 21%. E’ quindi il settore economico su cui maggiormente bisognerebbe investire per limitare l’impatto del cambiamento climatico.

Ma qual’è la situazione in Italia?

Andiamo a vedere ora, da dati ufficiali di entso-e, la piattaforma europea dei gestori della produzione e trasmissione dell’elettricità, qual è la capacità elettrica installata in Italia e cioè la quantità di potenza elettrica erogabile in qualsiasi secondo nel nostro paese.

E’ utile ricordare che la capacitá non rappresenta l’effettiva produzione di energia elettrica (espressa in megawattora), ma raffigura la quantità in megawatt di centrali elettriche presenti sul territorio. Su 94373 MW installati al 2019, quasi la metà sono centrali a gas naturale (46322 MW). L’idroelettrico rappresenta il 23,4% del totale, gli impianti eolici poco più del 10%, seguiti dagli impianti a carbone e gli impianti fotovoltaici, entrambi a quota 5%.

Minori percentuali vengono coperte da biomassa, geotermia, inceneritori di rifiuti e impianti a petrolio. Tutto sommato il nostro paese sembrerebbe contare in modo abbastanza importante sulle energie rinnovabili, ma comunque l’insieme degli impianti verdi è comunque minore di quelli a gas naturale. Ma come detto, la produzione di elettricità è un’altra cosa.

Il picco di potenza richiesta dal paese è solitamente al massimo di circa 40000 MW, mentre per l’appunto la potenza che potrebbe essere prodotta se tutte le centrali fossero accese contemporaneamente alla loro potenza nominale è più del doppio (94373 MW).

italia notte inquinamento elettrico

Nel 2016, il 37,3% della produzione elettrica lorda nazionale annuale è stata prodotta tramite energie rinnovabili. La fonte più sfruttata è stata l’idroelettrico, seguito dagli impianti fotovoltaici, le bioenergie (bio gas e bio combustibili), parchi eolici e geotermia.

A proposito del software di analisi GaBi

Qual’è quindi l’effetto della produzione elettrica in Italia? Ossia, quanto inquina in media un’unità elettrica nel nostro paese? Per far sì che l’analisi sia piú dettagliata e precisa possibile, si è utilizzato GaBi, un software per l’analisi degli impatti ambientali relativi ai più disparati processi che consumano energia.

Tra questi, per esempio, possiamo trovare le emissioni legati alla fabbricazione di tubature per metanodotti, oppure la produzione di parti di turbine eoliche o ancora i flussi di energia connessi alla manutenzione di opere idrauliche. Tra questi, comunque, sono presenti anche i vari tipi di produzione energetica.

All’interno del database si possono trovare dati su diversi indicatori come il coefficiente di cambiamento climatico (Global Warming Potential), il potenziale di acidificazione e e di eutrofizzazione, più molti altri.

GWP

Per ogni kWh prodotto in Italia, in media vengono emessi circa 465 grammi di anidride carbonica equivalente. Del totale, 196 g derivano dall’uso di gas naturale, 169 g dallo sfruttamento del carbone e 51.9 g dall’uso del petrolio.

AP

Per quanto riguarda il potenziale di acidificazione (cioè la “misura della tendenza di un elemento a diventare acidificante”, cioè a reagire con certi elementi presenti naturalmente in atmosfera e diventare acido), il dato è molto più distribuito tra le risorse. Ogni kWh prodotto emette 1 g di anidride solforosa equivalente, ripartito in modo quasi identico tra carbone, petrolio, biogas, gas naturale e il geotermico. Come si può notare, anche risorse rinnovabili come biogas e geotermia hanno degli impatti che possono essere considerevoli.

EP

Il potenziale di eutrofizzazione rivela la quantità di azoto e fosforo legato ai processi di produzione energetica. La somma delle varie risorse fa si che vengano emessi 0.12 g di fosfati per ogni kWh generato in Italia. Può sembrare un dato alquanto innocuo, ma se entra nella catena alimentare, anche in basse quantità, può causare problemi alla salute umana. Nel complesso, sono ancora biogas, carbone e gas naturale i carburanti più impattanti.

POCP

Lo smog fotochimico è una misura dei gas nocivi che portano al formarsi di ozono troposferico (quello dannoso, da non confondere con quello stratosferico che ci protegge dalla radiazione solare). Indovinate? Sono ancora i combustibili a dar il maggior contributo al risultato finale: gas naturale, carbone e petrolio in ordine decrescente.

ODP

ODP sta per Ozone Depletion Potential e rappresenta il rischio di riduzione dello strato di ozono stratosferico, per il quale di protocollo di Kyoto aveva sanzionato l’uso dei clorofluorocarburi negli anni ’90. A sorpresa, più del 70% della “colpa” deriva dalla produzione di elettricità dai parchi fotovoltaici. Infatti, sebbene la pura generazione elettrica dei pannelli solari non produca quasi nessun effetto negativo, dato che non c’è uso di combustibili da bruciare, i processi di estrazione e purificazione dei materiali usati per produrre i moduli fotovoltaici possono risultare estremamente inquinanti.

Il paragone col resto d’Europa

Si può notare come ci siano vari indicatori legati a diverse risorse. Come ben noto, i combustibili fossili come il carbone, il petrolio e il gas naturale sono le risorse più impattanti quando si parla di produzione di energia elettrica.

L’inquinamento dovuto all’emissione di anidride carbonica è il più conosciuto e quello contro cui si stanno producendo i maggiori sforzi dal punto di vista internazionale, ma non è l’unico. Altri indicatori possono avere impatti decisamente consistenti e possono essere legati a risorse che paiono innocue (come i pannelli solari).

Ad ogni modo, tutti i processi di produzione, sia che riguardino la combustione di carburanti fossili sia la fabbricazione delle tecnologie rinnovabili dovrebbero essere resi piú efficienti e meno energivori, in modo da influire il meno possibile sull’ambiente.

Paesi Bassi

In ogni caso, se confrontate con altri stati europei, le statistiche italiane non sono così negative: ad esempio, la patria del vento, i Paesi Bassi, hanno un GWP pari a 618 g di CO2 per ogni kWh prodotto. Questo valore è dovuto alla alta dipendenza dal gas naturale, combustibile che copre circa il 70% della produzione di energia elettrica del paese.

Bulgaria

In Bulgaria, i numeri sono ancora pù impressionanti: 684 g di anidride carbonica ogni kWh, risultato delle politiche a favore dell’uso di lignite e carbone.

Germania

La Germania, nazione che sta investendo tantissimo in energia pulita, avendo recentemente deciso di abbandonare l’uso di centrali nucleari a fissione, ha comunque un fattore di riscaldamento climatico intorno ai 500 g CO2/kWh, frutto dell’uso complessivo di circa il 40% dell’energia prodotta da fonti come lignite, carbone e gas naturale.

Spagna

Meglio va alla Spagna, che con dei provvedimenti a favore delle energie rinnovabili e a una pianificazione ottimale sul territorio, ha ad oggi un GWP di 325 g.

Norvegia

Caso particolare riguarda la Norvegia, che puó contare su una grande disponibilitá di risorse naturali utili per l’uso di centrali idroelettriche (97% del totale di elettricità) e quindi ha un valore molto basso, essendo la produzione di energia dall’acqua a basso impatto ambientale (o almeno per quanto riguarda le emissioni di CO2), uguale 9 grammi di anidride carbonica per kWh.

Quali sono i fornitori di energia elettrica più “green”?

inquinamento energia elettrica torino

Tra i fornitori di elettricità in Italia, i cosiddetti operatori della rete di distribuzione, c’è chi sostiene più di altri gli investimenti in termini di energie rinnovabili.

Al primo posto tra i grandi distributori c’è Enel, che con una produzione del 48.9% sul totale è sicuramente la più pulita tra le DSO italiane.

Seguono A2A (33.18%), Sorgenia (29.59%) e Acea (24.53%). Allo stesso tempo, è giusto menzionarle, compagnie più piccole assicurano ai propri clienti di usufruire al 100% di sola energia rinnovabile, perché loro stesse si avvalgono di parchi eolici, solari e di impianti idroelettrici.

È il caso di Lifegate energy, Dolomiti energia, ab energy e di è nostra, una cooperativa fondata senza fini di lucro.

Cosa fare per ridurre l’inquinamento relativo alle centrali di potenza?

Per esempio, per abbassare le emissioni di SO2, si possono bruciare tipi di carbone, generalmente più puri, che hanno una quantità minore di questo elemento. Oppure, insieme al carbone, solitamente si possono bruciare dei ciottoli di legno, come il pellet, e anche questo metodo permette di limitare gli effetti dannosi.

Un altro procedimento molto comune è il pre-trattamento e la pulizia del carbone, in modo da rimuovere le ceneri superficiali e quindi moderare i prodotti indesiderati. Il post-trattamento dei gas uscenti dalla centrale può essere affidato a particolari filtri, precipitatori elettrostatici che bloccano letteralmente il particolato dannoso o a depuratori ad acqua.

A proposito del PNIEC

A inizio gennaio, il Parlamento Europeo ha ricevuto dal governo italiano il PNIEC, la proposta di piano nazionale energia clima per il 2030. Tutti gli stati membri sono tenuti a stilare un rapporto in cui spiegano le strategie che verranno applicate nel paese per raggiungere gli obiettivi della Conferenza di Parigi. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha redatto un documento che viene riassunto nei seguenti punti:

  1. Accelerare il percorso di decarbonizzazione del settore energetico, incrementando le opportunità per le energie rinnovabili a discapito delle centrali a carbone e gas naturale.
  2. Incentivo all’autoconsumo, mettendo i consumatori finali e le piccole-medie imprese al centro della transizione energetica. Ciò vuol dire che quest’ultime non devono essere solo oggetto di politiche passive, ma devono essere messe al primo posto per quanto riguarda la stesura di nuove regolamentazioni,
  3. Favorire l’evoluzione del sistema elettrico, mettendo a disposizione dei potenziali investitori, infrastrutture e regole di mercato atte a potenziare l’espansione delle energie rinnovabili nel contesto energetico nazionale.
  4. Assicurare il continuo afflusso delle fonti convenzionali (gas naturale, carbone), essendo consapevoli della probabile decrescita del fabbisogno di questo tipo di energia, in primis per l’aumento dell’efficienza energetica dei processi di produzione e nei consumi, e poi per l’espansione delle rinnovabili.
  5. Promuovere l’efficienza energetica in tutti i settori, a partire dalle centrali elettriche, ma anche indirizzare gli aiuti a sostegno della riduzione della spesa per elettricità delle famiglie italiane. Tramite un miglior utilizzo dell’energia, si può ridurre consistentemente il consumo finale, favorendo l’ambiente e le tasche dei consumatori.
  6. Aumentare l’elettrificazione del settore trasporti e del civile, per ridurre le emissioni dovute alla combustione di benzina e gasolio.
  7. Ricerca e innovazione nel settore energetico, per sviluppare soluzione idonee a sostegno “della sostenibilità, la sicurezza, la continuità e l’economicità delle forniture”, riorientando i sistemi produttivi a favore di decarbonizzazione e basse emissioni di anidride carbonica.
  8. Effettuare Valutazioni di Impatto Ambientale e Valutazione Strategiche per ridurre i potenziali impatti negativi delle attuale forme di produzione energetica, integrando nel contesto qualità dell’aria, dell’acqua e della terra.
  9. Continuare il processo di integrazione del sistema energetico nazionale in quello dell’Unione.

Il maggior obiettivo dichiarato è “un 30% di Consumi Finali Lordi coperti da fonti rinnovabili (fer) da raggiungere entro il 2030.” Per consumi finali lordi si intende sia elettrici ma anche di gas naturale per il riscaldamento degli ambienti e nel settore dei trasporti, il quale sarà probabilmente il più lento a subire questa trasformazione.