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Il crescente interesse sulle reti di teleriscaldamento a bassa temperatura (Low Temperature District Heating) nasce dall’opportunità di poter sfruttare in maniera più efficace le risorse energetiche a disposizione.
La domanda energetica legata ai sistemi di riscaldamento e raffreddamento nella nostra società sono responsabili per oltre un terzo del consumo finale di energia.
Nel settore edile in particolare, sono ampiamente utilizzati combustibili fossili, dai cui processi di combustione vengono prodotti la maggior parte delle emissioni di gas serra in Europa e nel mondo.
Tali soluzioni risultano inoltre affini a vari sistemi di generazione di calore da fonti rinnovabili tra cui geotermia ed energia solare. Nelle reti di distribuzione, il calore a bassa temperatura permette di ridurre le dissipazioni sulle tubazioni a beneficio dell’intero sistema.
Caratteristiche
Le reti di distribuzione di calore a bassa temperatura sono sistemi interconnessi nei quali avviene uno scambio di calore tra gli utilizzatori, i quali prelevano calore dalla rete, e vari fornitori, i quali hanno la possibilità di immettere calore nella rete a temperature comprese tra 10 °C e 30 °C.
Tale temperatura è di gran lunga inferiore ai 70-90 °C delle reti di distribuzione tradizionali e per questo motivo vengono anche dette reti di teleriscaldamento “freddo”.
Le utenze potranno connettersi alla rete tramite installazione di pompe di calore, sfruttando il basso salto entalpico realizzato con la sorgente di prelievo a beneficio dell’efficienza del sistema.
Vantaggi
I vantaggi nel utilizzo di reti di teleriscaldamento a bassa temperatura sono legati alla possibilità di poter cedere alla rete non solo il calore di scarto industriale, ma anche quello proveniente da varie attività locali come supermercati o dagli uffici, i quali possono smaltire calore senza ulteriori costi o addirittura venderlo.
Inoltre, la maggioranza degli edifici (residenziali e uffici) richiede temperature generalmente basse e intorno ai 25 °C, per sistemi di climatizzazione ambientale estiva e invernale, e circa 50 °C per la produzione di acqua calda sanitaria.
Se integrate con tecnologie a pompa di calore poi, il risparmio è notevole, basti infatti pensare che mediamente si ottiene un risparmio tale da ridurre fino a 4 volte il consumo energetico nelle centrali di produzione, a beneficio anche in termini di immissioni di gas serra e dei costi in bolletta.
Piccole industrie, uffici e abitazioni risultano dunque facilmente integrabili nelle reti di distribuzione a bassa temperatura a beneficio di tutta la comunità.
Reti di teleriscaldamento a bassa temperatura da energie rinnovabili
In questo contesto, risultano di notevole interesse le tecnologie che utilizzano energia da fonti rinnovabili, in particolare risorse geotermiche, dove il calore dell’acqua è prelevato o rilasciato nel terreno tramite installazione di scambiatori di calore a profondità relativamente basse (20-50 m), o tramite l’utilizzo di collettori solari o biomasse.
Tali sistemi sono in grado di fornire acqua a temperature comprese tra i 20-50 °C a costi relativamente bassi e spese di manutenzione quasi nulle.
Tra innovazione e futuro
Le reti di teleriscaldamento a bassa temperatura non possono sostituire completamente gli impianti tradizionali ma offrono l’opportunità di integrarli ottimizzando le risorse a disposizione.
La situazione in Italia
In Italia, dal 2017 è iniziata a Bolzano lo sviluppo di una rete di teleriscaldamento e teleraffrescamento nell’ambito del progetto europeo FLEXYNETS, all’interno del programma comunitario per la ricerca Horizon2020.
Ad occuparsi della realizzazione del progetto vi è l’Istituto per le Energie Rinnovabili dell’EURAC, il quale prevede una riduzione del consumo di energia di circa l’80% per il riscaldamento degli edifici e per la produzione di acqua sanitaria, mentre si ridurrebbe del 40% il consumo legato al raffrescamento estivo.
Si stima che il risparmio a livello europeo di 5 milioni di tonnellate in emissioni di CO2 entro il 2030. Molti altri progetti sono in fase di sperimentazione, e vari modelli sono stati implementati con particolare attenzione alla gestione del calore di scarto delle industrie.
Nel comune bresciano di Ospitaletto, nel progetto Life4HeatRecovery coordinato dall’Eurac Research di Bolzano, assieme alla società Cogeme, viene sperimentata la produzione di acqua a temperatura di circa 30 °C da una acciaieria.
La situazione in Europa
In Germania sono in fase di sviluppi sistemi che coinvolgono le condotte di scarico di acque bianche nella cittadina di Wüstenrot, mentre ad Heerlen, in Olanda, è stata coinvolta una fabbrica di detergenti per la distribuzione di acqua con temperatura di uscita a circa a 40°C.
Dal punto di vista normativo vi è comunque ancora molto lavoro da fare, l’EURAC ad esempio, ha assimilato lo sviluppo di sistemi di remunerazione per chi cede calore in rete come parte integrante del proprio progetto di ricerca.
Secondo il direttore tecnico di Cogeme, Paolo Tarantino, la teledistribuzione a bassa temperatura costituisce un esempio curioso di “smart grid idraulica”.