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Chi volesse intervenire sulla propria abitazione per metterla in sicurezza dal punto di vista sismico o per ridurne i consumi in un’ottica di sostenibilità sia ambientale che economica (riduzione delle bollette di luce e gas), avrà probabilmente nel cosiddetto superbonus al 110% un valido alleato.
Il “probabilmente” è d’obbligo in quanto nonostante il provvedimento sia contenuto nel Decreto Legge Rilancio del 19 maggio 2020, n. 34, quest’ultimo è ancora in fase di discussione ed attende di essere convertito in legge entro il 18 luglio prossimo.
Superato lo scoglio parlamentare sarà poi necessario attendere le linee guida dell’Agenzia delle Entrate per renderlo effettivamente applicabile.
Con circa 10mila emendamenti proposti, è lecito attendersi che vi siano modifiche anche sostanziali, per quanto il senso del provvedimento dovrebbe restare immutato: aiutare gli italiani a rendere le proprie case più sicure ed ecosostenibili.
Ma di cosa si tratta?
Il super ecobonus e sismabonus del 110% è un incentivo che, di base, dovrebbe restituire a chi sostiene una spesa per degli interventi di messa in sicurezza sismica o efficientamento energetico il 110% di quanto sborsato in 5 quote annuali di pari importo, sotto forma di detrazione fiscale.
Ecco quindi il primo paletto: per poter usufruire interamente del beneficio in teoria sarebbe necessario avere una sufficiente “capienza fiscale”, ovvero pagare in 5 anni abbastanza tasse da coprire la spesa sostenuta.
Per ovviare a questo problema e venire incontro anche a chi fosse sprovvisto di una tale capienza fiscale, il governo ha pensato ai meccanismi di cessione del credito e sconto in fattura.
In parole povere funzionerebbe così: il cliente fa eseguire degli interventi, per i quali ha diritto al sopra descritto super bonus, ma anziché portarlo in detrazione in prima persona lo cede all’azienda che ha eseguito i lavori, la quale può a questo punto o portarlo in detrazione direttamente o cederlo a sua volta ad un fornitore o ad un istituto di credito.
A fronte di questa cessione del credito l’azienda secondo le intenzioni del governo dovrebbe corrispondere al cliente uno sconto in fattura di pari importo, rendendo di fatto l’intervento gratuito per il cliente finale.
Benché il meccanismo appaia allettante, è chiaro che costringere le aziende esecutrici dei lavori a sobbarcarsi l’anticipo della somma necessaria ad effettuarli (che comprende costo dei materiali e stipendi degli operai) crea qualche grattacapo.
Anche il passaggio del credito da aziende a istituti di credito non appare così automatico come il Decreto sembra delineare, rendendo il tutto pressoché utopistico fino a quando tali meccanismi non diventeranno attuativi.
L’incentivo dovrebbe coprire le spese sostenute dal primo luglio 2020 al 31 dicembre 2021, ma anche qui si rincorrono le voci secondo cui potranno rientrare anche spese fatte prima del primo luglio o che i termini potrebbero essere prorogati fino a fine 2022.
Quali sono gli interventi incentivabili?
Ad oggi gli interventi di efficientamento che rientrano nel superbonus sono solo quelli che garantiscono il miglioramento di almeno due classi energetiche, dimostrabile mediante l’Attestato di Prestazione Energetica (APE) rilasciato da un tecnico abilitato, che certifichi il “salto”.
Qualora non sia possibile il miglioramento di due classi sarà sufficiente il passaggio di una sola, sempre certificata come sopra.
Per quanto riguarda invece il sismabonus, sarà possibile richiederlo nelle zone 1, 2 e 3, godendo anche di una detrazione del 90% sull’acquisto di una polizza assicurativa anticalamità.
Detto questo gli interventi cosiddetti “trainanti” (ovvero quelli che danno diritto ad accedere al super ecobonus anche singolarmente) sono:
- Cappotto termico, che deve interessare più del 25% della superficie disperdente lorda dell’edificio, per una soglia massima di 60mila euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari dell’edificio. I materiali isolanti utilizzati dovranno rispettare i requisiti previsti dal decreto Ambiente dell’ottobre 2017;
- Interventi sulle parti comuni degli edifici per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a condensazione, con efficienza almeno pari alla classe A, a pompa di calore. Il tetto massimo di spesa è 30mila euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio ed è riconosciuta anche per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dell’impianto sostituito;
- Interventi sugli edifici unifamiliari per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a pompa di calore, ivi inclusi gli impianti ibridi o geotermici. La spesa massima è di 30mila euro ed è riconosciuta anche per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dell’impianto sostituito.
A questi possono essere affiancati altri interventi, sempre usufruendo del superbonus, come:
- Il montaggio di pannelli solari, fino ad un massimo di spesa di 48.000 euro e comunque fino a 2.400 euro per ogni kW di potenza nominale;
- Il montaggio di accumulatori di energia collegati ai pannelli solari alle stesse condizioni degli impianti solari fotovoltaici e comunque fino a 1.000 euro di spesa per ogni kWh di capacità di accumulo;
- Gli interventi previsti dal vecchio ecobonus;
- La realizzazione delle colonnine per caricare le batterie delle auto elettriche.
Da sottolineare che, nel caso si realizzi un impianto fotovoltaico usufruendo del superbonus, l’energia prodotta dall’impianto verrà ceduta gratuitamente al GSE. Non sarà possibile, in altre parole, rientrare nel cosiddetto meccanismo di scambio sul posto o altri incentivi o agevolazioni.
Chi ne ha diritto?
A stabilire i beneficiari della super detrazione è il comma 9 dell’articolo 119 del Decreto Rilancio, e sono:
- I condomini;
- Le persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività dì impresa, arti e professioni, su unità immobiliari;
- Gli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti Istituti;
- Istituti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di “in house providing” per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica;
- Le cooperative di abitazione a proprietà indivisa, per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci.
I lavori sugli edifici unifamiliari rientrano nel bonus solo se adibiti a prima casa. Per quanto riguarda le seconde case, i lavori si possono fare gratis solo se fanno parte di un condominio.
E’ però allo studio la possibilità di allargare la platea degli utenti che potranno usufruire del bonus nonchè far rientrare anche le seconde case ma per esserne sicuri bisognerà attendere la legge di conversione del decreto.
Quali documenti servono?
L’accesso al bonus sarà verosimilmente un tour de force burocratico. Tra gli adempimenti necessari ci saranno con tutta probabilità:
- Delibera dell’assemblea di condominio per i lavori sulle parti comuni. Parimenti, sarà necessario attendere l’avvio delle procedure dell’Agenzia delle Entrate per richiedere il visto di conformità che commercialisti e CAF dovranno rilasciare per poter procedere con la richiesta del bonus e la cessione del credito;.
- Attestato di Prestazione Energetica (Ape), rilasciato da un tecnico abilitato, per certificare che i lavori porterebbero un miglioramento di due classi energetiche (o la più alta raggiungibile). Questo “salto” energetico va certificato prima e dopo i lavori, e solo da professionisti abilitati e iscritti all’albo;
- Comunicazione dei dati degli interventi esclusivamente in via telematica secondo quanto disposto con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, con cui verranno definite le modalità attuative, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto;
- Comunicazione degli interventi sotto forma di relazione tecnica all’ENEA.
Da ricordare che nel testo del provvedimento si prevede che chi rilascia un’attestazione o un’asseverazione infedele rischia una sanzione pecuniaria dai 2.000 ai 15.000 euro.
La sanzione è da intendersi per ogni documento infedele rilasciato al cittadino. Inoltre, scoperta la truffa, i benefici fiscali del super bonus decadranno all’istante.