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Esiste una correlazione tra sfruttamento geotermico e terremoto?
In uno dei più recenti studi sulla correlazione tra geotermia e terremoti, si legge: “L’esplorazione del sottosuolo finalizzata alla produzione di energia tramite lo sfruttamento del calore interno della terra (l’energia geotermica), ha comportato in alcuni casi un aumento del rischio sismico.”
Esiste una correlazione tra i due fenomeni?
La ricerca è stata condotta dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dall’Università Federico II di Napoli, in concerto ad alcune autorità statunitensi presenti nel luogo della ricerca: un campo geotermico del nord della California noto come “The Geysers”.
La ricerca ha stabilito che nello sfruttamento di fonti geotermiche, nel corso di pompaggio e/o estrazione di fluidi geotermali sotterranei, si sono verificati fenomeni sismici di piccolo-medio impatto. In questo campo – spiega l’INGV – i fluidi del serbatoio principale raggiungono una temperatura di 235°C e sono intrappolati sotto uno strato impermeabile di roccia tra uno e tre chilometri di profondità.
Come riportato da studi precedenti, si è notato che quando inizia l’estrazione del fluido geotermico per creare elettricità, la cosiddetta sismicità indotta aumenta sensibilmente, crescendo di pari passo con l’intensificarsi dello sfruttamento. Lo studio evidenzia come nel periodo di Aprile 2007 – Ottobre 2010, siano stati registrati ben sette terremoti, in questa area, di magnitudo uguale e superiore a quattro.
È bene precisare cosa s’intende per sismicità indotta: una sismicità che viene generata da variazioni del campo di stress attribuibili ad attività antropiche o a fenomeni naturali non legati alla deformazione tettonica della crosta terrestre (es: precipitazioni atmosferiche). Fenomeno da distinguere rispetto alla sismicità innescata, per la quale s’intende un’attività naturale la cui enucleazione è stata anticipata da attività antropiche e in particolare dalla sismicità indotta.
Le attività antropiche sono responsabili solo di una minima frazione delle variazioni del campo di stress che genera la sismicità, mentre il ruolo principale è svolto dal campo di stress pre-esistente dovuto alla tettonica. Anche questi aspetti sono stati evidenziati nello studio, che sottolinea come rispetto alla sismicità di fondo, ossia quella che verrebbe registrata in assenza di attività, lo sfruttamento fa sì che il numero di eventi registrati, soprattutto alle piccole magnitudo possa aumentare.
Cosa ne pensano gli esperti della correlazione tra energia geotermica e terremoti?
La protezione civile, in una nota, riprende lo studio intervistando il Dott. Convertito, ricercatore INGV, cercando di capire se esistono situazioni analoghe al campo californiano nel nostro paese: si può paragonare per morfologia il territorio americano a quello di Lardello o M. Amiata, dove impianti geotermici sono in funzione da molto tempo ormai. Lo stesso intervistato ha posto l’accento su come la relazione tra fenomeni sismici e sfruttamento geotermico sia ben nota in Italia, normata e tenuta sotto controllo tramite sistemi di misurazione, e come diversi enti come l’INGV investighino, tramite la ricerca, metodi per ridurre e mitigare gli effetti dello sfruttamento geotermico.
Ci sono, tuttavia geologi che sostengono che il nesso non sia così lineare, come la geologa Adele Manzella, ricercatrice dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse, parte del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
“Le tecnologie attualmente in uso – ha detto la dottoressa Manzella – non hanno evidenziato alcun collegamento con l’attività sismica”. Ricordando che di per sé nessuna trivellazione può innescare un fenomeno di terremoto. Ha ricordato come tra le nuove tecnologie di perforazione ce ne siano alcune più stressanti per lo strato terrestre, come l’Enhanced Geotermal System (EGS) che sfrutta iniezioni di flusso in profondità per sbriciolare le rocce e accedere alle falde: in questi casi sono emersi rischi sismici, ma sono anche tecnologie in fase di studio e sviluppo.
A differenza dei colleghi che si sono espressi precedentemente sulla questione, la Manzella si spinge oltre, portando gli esempi dell’istituto di geotermia svizzero, due casi nello specifico: Basilea dove si è iniettata acqua ad alta pressione per fratturare le rocce di un serbatoio geotermico “secco” ed estrarne il calore e S. Gallo dove si è iniettata acqua ad alta pressione per bloccare una fuga di gas, che poteva far esplodere il pozzo. In entrambi i casi – testimonia la ricercatrice – si è finito per creare fratture in maniera artificiale e quindi stressare la roccia scatenandone l’energia accumulata.
Quest’energia si sarebbe comunque scatenata in futuro, a livelli superiori, quando avesse superato il limite di rottura “naturale” delle rocce. Se ne potrebbe desumere che questo tipo di uso delle trivellazioni anticipa e diluisce il rilascio dell’energia sismica. Lancia quindi una provocazione, indicando la geotermia come possibile strumento per innescare in maniera artificiale e controllata terremoti di magnitudo minore in terreni stressati.
È difficile dunque trovare il giusto mezzo: è indubbio che le ricerche INGV abbiano avuto un risultato internazionalmente riconosciuto sulla correlazione tra sfruttamento geotermico e terremoti, ricordando che bisogna distinguere il tipo di campo, di falda, e di preesistente stress sismico.
D’altra parte abbiamo le ricerche degli istituti di Geoscienza che cercano di dimostrare quanto in realtà se si parla di trivellazione tradizionale non esistono relazioni vere e proprie, e che utilizzando le nuove tecnologie come l’EGS si possano indurre terremoti “artificiali” di magnitudo contenute per alleviare lo stress e scaricare l’energia accumulata dal mantello terrestre.
Possibile pensare a pali di fondazione con sonde geotermiche per la produzione di calore a bassa entalpia e l’aggiunta dell’utilizzo dell’energia termica del terremoto per garantire calore anche oltre l’edificio sotto cui sono stati realizzati i pali?
Immaginare un teleriscaldamento in greed tra abitazioni che producono il proprio calore, ed in più sfruttare quello del terremoto per metterlo in rete e venderlo in eccedenza. Il terremoto è un evento raro ma preso nella complessità di una comunità grande, potrebbe essere inteso anche nella sua accezione energivora positiva, in una logica di sistema antropico complesso, forse creare un impianto del genere potrebbe avere un costi/benefici positivo in una decina d’anni o meno se l’intervento è in una zona particolarmente sismica.