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Lo studio delle centrali termoelettriche convenzionali riguarda, a livello poco specifico, la generazione di energia elettrica a partire dalle fonti fossili e si inseriscono in questa famiglia anche gli impianti geo termoelettrici.
Più in generale, dal punto di vista energetico, esistono impianti che producono sia energia termica che elettrica generando e/o estraendo energia dall’energia termica sotto forma di calore e convertendola in energia elettrica, termica e meccanica in una forma utile per le applicazioni tecniche.
Questi sono gli impianti di cogenerazione (CHP).
Co-generare, letteralmente, vuol dire generare insieme e, infatti, tali strutture si si servono di un unico fuel, in altre parole combustibile o fonte di energia primaria per alimentare il sistema al fine di produrre due forme differenti di energia.
Tra i pozzi utilizzati si annoverano, per esempio, metano, biodiesel o biomasse.
Uno tra i maggiori vantaggi dell’utilizzo dei CHP è dato dal fatto che, in questo modo, l’energia termica non viene dissipata nell’ambiente, come, al contrario, accade per gli impianti tradizionali, bensì è recuperata e riutilizzata.
Ma come funzionano gli impianti di cogenerazione?
Gli impianti di cogenerazione si basano sul principio del recupero di quel 65% di energia termica che normalmente viene dissipata sotto forma di calore, mentre in un normale centrale termica o elettrica, solo il 35% del combustibile diviene elettricità.
L’impianto più comune è quello realizzato con motore primo (o primario)/motore alternativo (alternatore) e caldaia. La classificazione avviene in base alle fonti primarie utilizzate e ai motori primi, che possono essere:
- A vapore
- A gas
- A combustione interna
- A combustione esterna
Per il trasporto dell’energia termica è sempre utilizzato un fluido termo-vettore che può essere:
- Acqua
- Elio
- Fluido organico
Un combustibile fossile (come un gas naturale oppure un olio combustibile) oppure, per quanto riguarda gli impianti più moderni, metano, biomasse o biodiesel, viene iniettato all’interno della caldaia con la finalità di produrre un fluido termovettore che trasporterà il calore all’interno dell’impianto fino alle turbine, in cui si ha la produzione di energia meccanica grazie all’energia cinetica posseduta dal fluido.
Le turbine sono collegate all’alternatore che converte l’energia meccanica in energia elettrica, pronta per essere immessa nella rete.
Guardando un po’ più nel particolare, il combustibile brucia in caldaia e trasferisce energia termica all’acqua (o ad altri fluidi) che evapora e diventa vapore. Una parte del calore viene ceduto dal vapore al motore primo (facendo attenzione che non vi sia neppure più una goccia di liquido o le turbine si rovinano) che, grazie all’alternatore, produce l’energia utile richiesta.
A che vantaggi porta l’impianto di cogenerazione?
Come già in precedenza illustrato, il vantaggio forse più importante ed evidente è dato dal fatto che il calore derivante dalla combustione dei fuel, per la maggior parte ancora fossili, non viene “ sprecato”, bensì riutilizzato.
Questo comporta un notevole risparmio dal punto di vista energetico e, di conseguenza, dal punto di vista economico ed ambientale.
Infatti, il recupero dell’energia termica del combustibile, permette di non utilizzarne quantità superiori al necessario, limitando così anche la dipendenza da esso (e, nel caso dell’Italia, grande importatrice, la dipendenza dall’estero).
Inoltre, risulta evidente che se si ha un minor impiego di combustibile, si ha una minore emissione di anidride carbonica (gas ad effetto serra molto inquinante) in atmosfera.
Da un punto di vista economico, sebbene gli investimenti iniziali per la costruzione di tali impianti siano più impegnativi (poiché vengono utilizzati macchinari più sofisticati), a lungo termine risulta molto più vantaggioso l’occupazione di un solo sito per la centrale anziché due, perché permette di diminuire -tra le altre cose- il costo di stoccaggio e di trasporto.
Che rendimenti hanno gli impianti?
Le centrali termiche che sono utilizzate per la produzione di energia elettrica hanno, solitamente, rendimenti che oscillano attorno ad un valore percentuale del 40%-50%, con picchi, per gli impianti molto moderni, attorno al 55%.
Si possono quindi definire impianti a basso rendimento energetico, ovvero il guadagno ricavato è minore della spesa intrapresa. Questo accade, come già spiegato, perché la maggior parte del calore posseduto dai combustibili fossili viene dissipato in ambiente.
Gli impianti a cogenerazione sono, al contrario, ad alto rendimento poiché utilizzano il calore in loco (il trasporto del calore in grandi distanze non è ovviamente possibile a cause delle eccessive dissipazioni).
Il Parlamento Europeo ha anche riconosciuto la cogenerazione come un provvedimento importante -se non quasi essenziale- che le diverse Nazioni devono intraprendere per rispettare il Protocollo di Kyoto, ovvero per cercare di diminuire le emissioni di gas serra (in particolare di anidride carbonica) in atmosfera, di modo tale da non causare un ulteriore aumento della temperatura media del nostro pianeta.
Grazie a questo stanno nascendo sempre più tipologie differenti di impianti di cogenerazione e trovano ormai un largo impiego sia nel fotovoltaico che nell’impiego di biomasse, in usi principalmente industriali ma anche civili.