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Con il termine biomassa s’intende un insieme di organismi animali o vegetali presenti in una certa quantità in un dato ambiente, che sia terra o mare. Può essere modificata attraverso vari procedimenti per ricavare combustibili o, anche, direttamente energia elettrica e termica. Dal punto di vista ingegneristico e tecnologico le biomasse rappresentano una nuova fonte di energia rinnovabile: la bioenergia.
Secondo un reportage pubblicato nel 2014 dell’ International Energy Agency Key World Energy Statistic , le biomasse hanno coperto nel 2012 circa il 10% del fabbisogno di energia mondiale.
E cosa succede in Italia?
Negli ultimi anni nel nostro paese si sta cercando sempre di più di favorire la ricerca per l’uso di energia pulita e rinnovabile, anche solo per renderci indipendenti dagli altri paesi.
Infatti, siamo tra i maggiori importatori di energia in Europa e la facciamo arrivare da tutto il mondo, di modo tale da non dipendere da un unico stato, cosa che, a livello socio-economico, rappresenterebbe un grande rischio.
Al momento l’energia rinnovabile ha raggiunto 117.318 GWh. Secondo gli ultimi dati Assoelettrica / Terna, nel 2014 la produzione da:
- idroelettrico
- geotermico
- biomasse
- eolico
- fotovoltaico
ha contribuito per il 44%, cifra molto significativa.
La Legge di Stabilità del 2016 promuove incentivi per la produzione di energia elettrica da impianti funzionanti grazie alle biomasse, biogas e bioliquidi sostenibili e questi incentivi durebbero per tutto il 2016.
Che cosa prevede la Legge di Stabilità?
La legge, come sopra spiegato, prevede degli incentivi per gli impianti che utilizzano le masse naturali, e questi scadrebbero nel corso del 2016.
Tuttavia gli impianti possono ottenere un’estensione del periodo d’incentivazione di altri 5 anni, ovvero fino al 31 dicembre 2020, con tariffa pari all’80% di quanto riconosciuto dal D.M. 6 luglio 2012 agli impianti di nuova costruzione.
Il nuovo sistema d’incentivazione prevede, per prima cosa, la suddivisione e la conseguente classificazione delle biomasse in quattro tipologie a seconda della provenienza:
- i prodotti di origine biologica: sono i prodotti agricoli destinati o destinabili al consumo umani
- i prodotti derivanti dalla gestione del bosco e dalla silvicoltura, come mais, barbabietole, grano segale ecc.
- i sotto prodotti di origine biologica, come, per esempio, paglia, fieni o effluenti zootecnici
- i bioliquidi
Gli impianti possono usufruire dell’accesso diretto ad una tariffa agevolata e, di conseguenza, ad un incentivo, sino ad una potenza di 200 KW. Se, invece, essa è compresa tra i 100 KW e i 200KW, è necessario effettuare la registrazione dell’impianto.
Se sono sotto i 5 KW viene messo in atto il difficile processo delle aste di mercato al ribasso.
I bioliquidi
Rispetto ai prodotti sopra citati, i bioliquidi hanno delle procedure tecnico-giuridiche lievemente differenti. Precisamente, questi possono accedere agli incentivi offerti solo se rispettano i criteri di sostenibilità stabiliti a livello europeo dalla Direttiva 2009/28/CE e Direttiva 2009/30/CE.
In Italia tali direttive sono incluse tramite , rispettivamente, il D.Lgs. 28/2011 e il D.Lgs. 55/2011. Per mezzo dei criteri di sostenibilità previsti, si possono distinguere i bioliquidi che hanno un alto valore ambientale.
Infatti, questi vengono prodotti riducendo le emissioni complessive di anidride carbonica ( gas ad effetto serra molto inquinante, prodotto solitamente durante la combustione) e rispettano il terreno poiché, in altri termini, limitano gli impatti negativi sulle piantagioni e sulle colture.
Che cosa comportano gli incentivi?
Abbiamo più volte discusso riguardo al tentativo sia europeo che del nostro paese, di incentivare le energie pulite, seppur con qualche fatica e molte reticenze. Tuttavia, le sovvenzioni statali sono un valido stimolo alla crescita delle risorse rinnovabili.
Per quanto riguarda le biomasse, queste rappresentano un enorme costo perché hanno bisogno di un terreno vastissimo per essere prodotte in quantità sufficienti per alimentare le centrali e, per di più, bruciando producono anidride carbonica ed è forse questo ciò che più limita il loro impiego.
Inoltre bisogna considerare che, per esempio, un impianto a biogas da 1 MW necessita di 22.000 tonnellate annue di insilato di mais e questo è circa il 60% del costo operativo.
Ribassare gli incentivi al -50% non vuol dire altro che, per la tipologia d’impianto appena descritta, la vendita della sola energia elettrica non può garantire un ritorno dell’investimento e, di conseguenza, viene meno il guadagno.
La riforma governativa è per lo più volta a favorire gli impianti di piccole dimensioni che permettono una minore importazione dall’estero e di gestire meglio i boschi limitrofi.
Inoltre, bisogna porre l’accento sul fatto che il Decreto prevede bonus di un valore compreso tra 10 e 40 euro per MWh) per diverse tipologie e/o configurazioni di funzionamento sostenibile degli impianti:
- la filiera corta
- la cogenerazione ad alto rendimento
- l’abbattimento di emissioni nocive
- il recupero dell’azoto
Nonostante si cerchi di valorizzare tale tecnologia, essa presenta numerosi svantaggi e occorre ancora diverso tempo per riuscire a utilizzarla al meglio, sia dal punto di vista ingegneristico e/o tecnologico, che dal punto di vista ambientale
Un passo significativo è senza subbio cercare di finanziare la ricerca, specialmente per quanto riguarda la conversione di biomasse in energia termica, campo in cui queste potrebbero esplicare tutto il loro valore.