Il significato del termine biomassa è facilmente intuibile, ma non del tutto conosciuto da molte persone; se già il significato di questa parola non è nel vocabolario comune, cosa si intende per biomasse microbiche? Andiamo con ordine.
Con il termine biomassa si intende generalmente un insieme di organismi, vegetali o animali per lo più, presenti in una determinata quantità e in un certo ambiente, che insieme formano una comunità riproduttiva. Le biomasse sono particolarmente importanti nell’ambito dell’ecologia e delle fonti rinnovabili. Sono composte principalmente da organismi viventi, ma anche da una varietà di composti diversi come carboidrati (in larga quantità), grassi e proteine.
Le biomasse possono essere caratterizzate da 3 diversi criteri:
- il contenuto di acqua al loro interno (si differenziano quindi biomassa fresca o secca);
- la loro origine (vegetale,animale e microbica);
- vitalità (presenza di organismi viventi o meno);
La classificazione più interessante dal punto di vista scientifico e dell’utilizzo delle risorse riguarda sicuramente l’origine delle biomasse, che può essere espressa in tre categorie:
- Fitomassa, provenente dagli organismi vegetali;
- Zoomassa, proveniente dagli animali;
- Biomassa microbica, proveniente da microrganismi, quali funghi e batteri.
La biomassa microbica presente nel suolo (determinata come carbonio microbico, ma composta anche da zolfo e azoto), include come detto diversi microrganismi: batteri e funghi in maggior percentuale, ma anche actinomiceti (detti anche microbatteri, famosi in medicina poiché causano sull’uomo infezioni epidermiche batteriche), alghe, lieviti e protozoi (organismi unicellulari).
Rappresenta un buon indicatore di qualità del suolo poiché i microrganismi sono coinvolti nel ciclo dei nutrienti e quindi direttamente collegati alla vitalità del terreno. Essi, infatti, hanno un ruolo chiave nel processo di decomposizione della sostanza organica morta: innanzitutto causano la mineralizzazione rapida dei nutrienti, che vengono così resi disponibili come alimenti per le piante; inoltre sono coinvolti nella produzione di humus, che costituisce una riserva di nutrienti a lento rilascio. D’altra parte i microrganismi stessi rappresentano una riserva di elementi minerali che vengono rilasciati dopo la loro morte.
Le due trasformazioni collegate alle sostanze assunte dai microrganismi sono accompagnate dalla produzione di energia. Questo tipo di processi compiuti dai batteri prendono il nome di digestioni anaerobiche ed essi possono compierle in particolare sui reflui vegetali ed animali. Per questo motivo i residui delle attività agricole e zootecniche (cioè tutta l’industria collegata all’allevamento di bestiame) vengono detti “digestati”.
Le deiezioni e i liquami possono passare attraverso le biomasse microbiche che sono in grado di trasformarli in prodotti utili e così non semplicemente eliminati tramite scarico. Ad esempio è una pratica svolta per i digestati di reflui suini e i digestati di siero di latte. Un bel passo avanti rispetto al passato, dato che i rifiuti prodotti dalle attività per il consumo di cibo sono uno dei maggiori fattori di inquinamento di suolo e atmosfera.
Ma quali sono le fasi della decomposizione microbica dei residui organici nel suolo?
- Fase iniziale: decomposizione di sostanze facilmente degradabili. Parziale conversione a CO2 (mineralizzazione) e a biomassa microbica (immobilizzazione).
- Fase intermedia: cellulosa e altri carboidrati vengono utilizzati e conseguentemente avviene un’ulteriore perdita di peso. Formazione di nuova biomassa microbica e parziale mineralizzazione della stessa (come nella prima fase).
- Fase finale: mineralizzazione di parte del materiale resistente; formazione e mineralizzazione di biomassa microbica con conversione a CO2. E’ interessante osservare come circa un terzo del carbonio iniziale rimane nel suolo alla fine del ciclo.
La digestione anaerobica è quindi un processo piuttosto complesso grazie al quale i batteri, in assenza di ossigeno molecolare, trasformano la sostanza organica in biogas, cioè metano e anidride carbonica. La percentuale di metano in questa tipologia di carburante varia a seconda del tipo di sostanza organica alimentata e dalle condizioni del processo, da un minimo del 50% fino all’80% circa. Le condizioni della digestione anaerobica possono essere selezionate in modo da ottenere la massima resa di depurazione o la massima resa di produzione energetica, e quindi di biogas . Da una successiva estrazione e trasformazione, è possibile ottenere anche biodiesel.
I vantaggi per le aziende agricole e zootecniche possono essere molteplici:
- produzione di energia da fonte rinnovabile, in caldaia con produzione di energia termica o in piccoli motori azionanti gruppi elettrogeni per la produzione di energia elettrica;
- miglioramento dell’economia delle aziende stesse, tramite il risparmio energetico;
- minori emissioni di gas serra;
- migliore qualità dei fertilizzanti prodotti;
- accelerazione del processo di stabilizzazione dei liquami stoccati;
- riciclaggio economico dei rifiuti, con ricaduta positiva sull’impatto ambientale (calo delle emissioni di metano e ammoniaca e minore emissione di composti organici volatili non metanici);
- minore inquinamento da odori e ridotta presenza di insetti;
- miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie dell’azienda
Ecco quindi che, con biogas e biodiesel, nuove forme di energia alternativa diventano alla portata, consentendo di eliminare rifiuti prodotti dalle attività umane e nel frattempo produrre energia elettrica e termica riducendo la dipendenza energetica dalle fonti fossili.