Energia Geotermica: Cos’è, Come Funziona e Come si Produce
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Una delle energie da fonti rinnovabili utilizzate in Italia e largamente diffuse in Europa è quella geotermica. Viene definita come “l’energia generata per mezzo di fonti geologiche di calore.”
L’energia geotermica può essere inoltre considerata come una forma di energia alternativa e rinnovabile, se valutata in tempi relativamente brevi.
Questo in quanto il continuo sfruttamento di una sorgente geotermica può indurre localmente, nell’intorno dei siti di sfruttamento, ad una riduzione del valore di anomalia positiva termica, portando la fonte energetica a non essere più definibile rinnovabile. Questa anomalia è locale e dipende dal tempo di sfruttamento della risorsa altamente variabile a seconda del sito.
Come funziona l’energia geotermica?
Questo tipo di energia si basa sui principi della geotermia, ovvero sullo sfruttamento del calore naturale della terra (il termine geotermico ha il suo etimo dal greco “gê” e “thermòs”, che significa letteralmente “calore della Terra”).
Questo calore è rilasciato naturalmente dai processi di decadimento nucleare degli elementi radioattivi all’interno di nucleo, mantello e crosta terrestre. Alcuni di questi elementi sono l’uranio, il torio e il potassio che sono contenuti genuinamente nelle zone più interne del nostro pianeta.
Storia e utilizzo
L’utilizzo delle fonti geotermiche ha origini antichissime, specialmente come fonte di acqua calda naturale. Innumerevoli le fonti termali in Europa famose già presso l’impero Romano, e il loro sfruttamento continua tuttora.
L’utilizzo industriale iniziò in Italia presso la fonte geotermica di Larderello in Toscana. Nel 1827 qui si iniziò a sfruttare le fonti per estrarre acido borico dai geyser.
Più tardi, dall’esempio americano (che nel 1892 riscaldò il primo distretto con acqua calda da fonte geotermica), contemporaneamente in Italia venne utilizzata la geotermia come mezzo di riscaldamento e nel 1904 come fonte per la produzione di energia elettrica. I primi anni del ‘900 furono il boom dello sfruttamento geotermico mondiale, specialmente negli USA, in Italia e in Islanda.
Così pochi paesi perché chiaramente lo sfruttamento di questa risorsa dipende fortemente dalla disponibilità naturale di fonti di energia termica. Oggi la produzione di energia geotermica costituisce meno dell’1% di quella mondiale. Questo per disponibilità di energia, tecnica e metodi di estrazione.
Uno studio dell’ MIT (Massachusetts Institute of Technology) afferma che la potenziale energia geotermica contenuta sul nostro pianeta si aggira attorno ai 12.600.000 ZJ e che con le attuali tecnologie sarebbe possibile utilizzarne “solo” 2000 ZJ.
Tuttavia, poiché il consumo mondiale di energia ammonta a un totale di 0,5 ZJ all’anno, con il solo geotermico, secondo lo studio del MIT, si potrebbe soddisfare il fabbisogno energico planetario con sola energia pulita per i prossimi 4000 anni rendendo quindi inutile qualsiasi altra fonte non rinnovabile o rinnovabile attualmente utilizzata.
Chiaramente non sono considerati gli altissimi costi economici per applicare le attuali tecnologie in grado di sfruttare queste energie al massimo. Costi che nessuna nazione o agenzia è in grado di sostenere.
L’Italia ha nella produzione di energia da fonte geotermica un piccolo primato. Il produttore mondiale più importante è rappresentato dagli USA, con 3086 MW prodotti (solamente però lo 0,3% del consumo elettrico nazionale).
Seguono sul podio le Filippine (1904 MW prodotti), e l’Indonesia (1197 MW prodotti). L’Italia è al quinto posto (dopo il Messico) con 843 MW prodotti (tutti i dati riferiti al 2010).
Esistono tre tipologie differenti di sorgenti di energia geotermica e sono:
- Sorgenti idrotermiche
- Sorgenti geopressurizzate
- Sorgenti petrotermiche
Le sorgenti idrotermiche sono a profondità non eccessive (1000-2000 m) e sono caratterizzate dalla presenza di acqua all’interno di sacche sotterranee. L’acqua è riscaldata da rocce ignee a elevata temperatura.
A seconda della pressione e dello stato dell’acqua può essere classificata come sorgente geotermica a vapore dominante o ad acqua dominante. Questi sistemi costituiscono la quasi totalità di sorgenti sfruttate a livello industriale.
Le sorgenti geopressurizzate invece si trovano a profondità decisamente maggiori (2500-9000 m). Sono costituite da temperature relativamente basse, ma a pressioni altissime. Queste sacche sono solitamente ricche di gas naturali e spesso anche di agenti chimici potenzialmente nocivi anche se naturalmente contenuti nel terreno.
Infine le sorgenti petrotermiche (conosciute anche come Hot Dry Rock – HDR) sono costituite da banchi di rocce a profondità decisamente più elevate ma anche caratterizzato dall’assenza di acqua.
Più dell’80% delle sorgenti sul nostro pianeta è di questo tipo anche se lo sfruttamento di esse è molto complesso: proprio per l’assenza di acqua è inizialmente necessario inserirvela, poi aumentare la superficie di scambio fratturando la roccia.
La bassa conduttività termica combinata con le moderne tecniche di trivellazione e frantumazione della roccia (per aumentare la superficie di scambio) non giustificano i costi economici solitamente troppo elevati per aree a profondità maggiore di 5km.
Come funziona un impianto geotermico?
Innanzitutto bisogna distinguere tra impianti geotermici a bassa entalpia e centrali geotermiche.
La centrale geotermica solitamente sfrutta fonti di calore in profondità portate in superficie (geyser) o tramite trivellazione. Il flusso di vapore proveniente dal sottosuolo ha abbastanza energia da alimentare una turbina che tramite la trasformazione da energia meccanica ad energia elettrica di un alternatore permette di alimentare la rete elettrica.
Solitamente viene utilizzato uno scambiatore di calore per non far circolare all’interno del sistema la stessa acqua che è a contatto con rocce e possibili agenti corrosivi, per non compromettere lo stato della turbina.
Solitamente vengono utilizzate pompe e compressori per spingere l’acqua fredda in profondità e garantire un flusso costante. A seconda della temperatura della fonte i sistemi possono essere a vapore o acqua dominanti. Nel primo caso è possibile alimentare una turbina. Nel secondo l’acqua calda viene utilizzata esclusivamente nel teleriscaldamento.
Gli impianti a bassa entalpia sono utilizzati come sistema di climatizzazione degli edifici sfruttando lo scambio termico con il sottosuolo superficiale per mezzo di una pompa di calore.
Poiché il calore nel sottosuolo proviene in gran parte dall’interno della Terra, la geotermia a bassa entalpia è classificata come fonte di energia rinnovabile, nonostante la pompa di calore consumi di per sé energia elettrica, solitamente prodotta a partire da altre fonti di energia.
Questi impianti dunque non generano energia elettrica ma sfruttano semplicemente la temperatura costante che il sottosuolo superficiale tende ad avere (tra i 16 e i 18 gradi) che rispetto all’aria esterna è più calda d’inverno e più fresca d’estate.
Rinnovabilità ed effetti sull’ambiente
L’elettricità da fonti geotermiche è considerata rinnovabile poiché il calore estratto localmente è minimo rispetto al calore contenuto e generato dall’intero pianeta, quindi non penalizzante a livello di equilibrio e sostenibilità. La terra ha un contenuto di energia termica stimato di circa 1031 Joules (3×10^15 TW/h). Per dare un idea della grandezza, circa 100 miliardi di volte il consumo di energia annuo mondiale.
Un 20% di questo calore è da imputare al fenomeno di accrescimento, mentre il restante è legato al decadimento di componenti radioattive storicamente e naturalmente presenti all’interno del mantello e del nucleo. I flussi termici naturali non sono in completo equilibrio, e il pianeta si sta raffreddando (in tempi da distribuire su differenti ere geologiche).
È dimostrato che l’estrazione umana è una frazione talmente minuta della naturale decrescita della temperatura che non accelera questo processo, ed è sicuramente un metodo di generazione di energia più pulito rispetto a numerosi altri.
Questa fonte di energia è sostenibile anche in quanto rispetta completamente gli ecosistemi presenti sul pianeta terra. In nessun modo lo sfruttamento di energia geotermica mette a rischio la possibilità dell’uomo di avere a disposizione la stessa quantità di risorsa geotermica attualmente disponibile (se usata correttamente e con i giusti accorgimenti).
Inoltre è una delle risorse rinnovabili con minor impatto ambientale anche dal punto di vista di intero processo energetico rispetto ad altri metodi.
L’estrazione tuttavia deve essere strettamente monitorata per evitare un esaurimento a livello locale, malgrado la sostenibilità a livello globale. Durante il corso di alcuni decenni le temperature locali di talune sorgenti possono sperimentare un decadimento, con una conseguente perdita di efficienza. Il sito naturalmente raggiunge un nuovo equilibrio talvolta a temperature più basse.
Tre dei più vecchi siti di estrazione (Lardello (ITA), Wairakei (NZE) e The Geysers (USA)) hanno sperimentato questo leggero fenomeno di esaurimento. Viene attribuito all’estrazione di acqua e calore in maniera sproporzionata rispetto a quanto venissero rifornite al sistema.
Purtroppo le misurazioni in alcuni periodi sono incerte ed inaffidabili, ed è proprio susseguentemente a questi periodi di dati inaffidabili che si sono verificati dei fenomeni di diminuzione della temperatura e della fornitura di calore.
Diversi studi dimostrano però come esistano metodi di riduzione dello sfruttamento e re-iniezione di acqua all’interno del sistema per recuperare il completo potenziale di un sito.
Queste tecniche si sono rivelate utili e fondate nelle tre zone già citate che diventano dunque un esempio di sostenibilità geotermica a lungo termine. Lardello è ormai operativa da più di un secolo (dal 1913), ed è un esempio mondiale di cui dovremmo andare molto fieri.
Nel caso di necessità, la trivellazione di ulteriori pozzi può rivelarsi utile e funzionale all’aumento di produzione di energia geotermica, a patto che venga correttamente valutata la sostenibilità del sistema.
I sistemi di estrazione Neozelandesi sono un esempio di “abuso” in quanto si riporta che per aumentare la produzione siano stati aggiunti, durante gli anni novanta, alcuni sistemi a isopentano, ma i dati non siano stati resi disponibili. Si pensa che queste trivellazioni eccessive abbiano rischiato di esaurire le fonti locali, che però ora sono state recuperate e lavorano a massima efficienza.
Dalla terra non fuoriesce esclusivamente acqua calda ma anche composti in forma gassosa. Alcuni di questi gas sono potenzialmente pericolosi per l’ambiente e contengono diossido di carbonio (CO2), solfuro di idrogeno (H2S), metano (CH4), e ammoniaca (NH3). Questi agenti inquinanti contribuiscono a fenomeni come il riscaldamento globale e delle piogge acide.
Comparati però con una centrale a combustibili fossili il paragone è del tutto irrilevante: una centrale geotermica emette in media 122 kg di CO2 per MWh. Il carbone bituminoso (il più pulito) ne emette circa 95 ogni kWh: quindi circa mille volte in più.
Comunque tutti i moderni impianti di estrazione hanno sistemi di misurazione e controllo delle emissioni di gas pericolosi e detti sistemi contribuiscono anche a ridurre queste ultime.
L’acqua che viene estratta dalle fonti geotermiche essa stessa potrebbe avere dissolta al suo interno tracce di elementi tossici come mercurio, arsenico, boro e antimonio. Questi elementi precipitano con il raffreddamento dell’acqua e possono causare danni ambientali se rilasciati.
Se l’acqua venisse direttamente utilizzata nei processi potrebbe rappresentare un problema, ma le moderne tecniche scambiano calore senza il contatto di fluidi dei due sistemi (fluidi “geotermici” e fluidi utilizzati per sfruttarne il potere termico) e quando l’acqua fredda viene riportata all’interno della terra per stimolare la produzione, gli stessi agenti chimici tornano in profondità senza rischiare di recare danni all’ambiente.
Criticità degli impianti di energia geotermica
Sono state avanzate alcune critiche al sistema di produzione dell’energia geotermica, relative alla necessità di utilizzare pompe e compressori che consumano essi stessi energia.
Anche la stabilità del terreno può essere compromessa. Un esempio conosciuto è quello di Staufen im Breisgau, in Germania, dove è avvenuto un innalzamento tettonico dovuto a uno strato di anidrite venuto in contatto con acqua, formando gesso e raddoppiando in volume.
I sistemi geotermici possono, raramente, iniziare scosse di terremoto, dovute alle fratturazioni provocate dall’acqua. Un esempio è la centrale di Basilea in Svizzera, chiusa e smantellata perché reputata la causa di più di diecimila scosse, di cui alcune fino a 3.4 gradi Richter, avvenute nei primi sei giorni seguenti all’iniezione di acqua.
Lo spazio e l’acqua necessari nei moderni impianti non sono così estensivi. Solitamente richiedono una superficie di circa 4 chilometri quadrati per produrre circa un gigawatt, rispetto a 12 chilometri quadrati circa che richiederebbe un parco eolico di simili prestazioni. Utilizzano circa 20 litri d’acqua per MWh, confronto ad altri sistemi di produzione come nucleare o carbone che ne richiedono oltre mille.
I principali aspetti negativi sono in realtà legati agli odori estremamente sgradevoli solitamente emanati da queste centrali e dall’inquinamento paesaggistico delle centrali.
Invece il geotermico a bassa entalpia non ha di queste controindicazioni, ma non è un sistema di climatizzazione efficiente come da altre fonti (non rinnovabili), e comunque richiede l’operazione di una pompa di calore.
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