In Italia abbiamo spesso sentito parlare di energia geotermica, soprattutto in Toscana, dove ad esempio è situato l’impianto di Lardarello, uno dei primi impianti geotermici costruiti al mondo. Ma che cos’è l’energia geotermica? E perché vogliamo parlarvi dell’energia geotermica in Giappone?
L’etimologia della parola geotermico deriva dalla combinazione di due termini derivanti dal greco: “gê” e “thermòs”; insieme, letteralmente, significano “calore della Terra”, cioè l’energia posseduta all’interno della Terra sotto forma di calore.
Il calore della terra è del tutto naturale, è sempre presente, non è intermittente ed è inesauribile. Per questo motivo l’energia geotermica è considerata una fonte rinnovabile di energia. In certe zone l’acqua e i gas scaldati nel sottosuolo salgono fino in superficie ad alta pressione sotto forma di geyser o soffioni e si possono usare per la produzione di energia elettrica.
Solitamente la temperatura dell’interno della Terra sale di 3 gradi centigradi ogni 100 metri di profondità, e nelle zone più profonde le temperature possono raggiungere i 4000 °C.
Tale fonte di energia naturale si può utilizzare soltanto in certi limitati contesti territoriali. In alcune zone la caratteristica dell’aumento di temperatura con l’aumentare della profondità tende ad accentuarsi e la temperatura del sottosuolo è leggermente più alta della media, a causa di fenomeni vulcanici o tettonici. Come già è stato detto, la Toscana gode di queste particolari proprietà, ma anche posti molto lontani da dove abitiamo ne usufruiscono: l’Islanda ad esempio, con i suoi famosi geyser e, più recentemente, il Giappone.
L’Energia Geotermica in Giappone può essere una valida alternativa all’Energia Nucleare?
Per evitare i rischi del nucleare e il ripetersi di una seconda Fukushima (il disastro nucleare che colpì la centrale di Fukushima Daiichi nel 2011, che costrinse migliaia di persone ad evacuare la zona e che creò danni ambientali difficilmente riparabili), il Paese del Sol levante, situato al crocevia di quattro placche tettoniche nel cosiddetto ”anello di fuoco” del Pacifico, sta finalmente valutando di sfruttare anche il proprio potenziale geotermico (circa 120 vulcani sono attivi e ci sono circa 28000 sorgenti naturali e artificiali di acqua calda!).
Nel 2011, nell’anno del disastro di Fukushima, erano attivi 18 siti geotermici, per un totale di 21 unità di produzione di energia elettrica, con una capacità di 537 MWe, oltre il 5% della capacità totale mondiale di produzione di energia geotermica. Si stima che per il Giappone, il potenziale di generazione di energia geotermica sia di 20000 MWe (il terzo più alto potenziale geotermico al mondo). Per raggiungere un simile quantitativo di energia, sarebbero necessarie più di venti centrali nucleari! Nel 2013 si ipotizzava appunto di riconvertire 25 centrali nucleari in centrali geotermiche e di utilizzare così, anche in patria, tutta la tecnologia sviluppata dagli ingegneri giapponesi in ambito geotermico negli ultimi anni.
Passati ormai 5 anni dal disastro di Fukushima, il primo ministro giapponese Shinzō Abe ha optato per la riapertura di buona parte delle centrali nucleari presenti sul territorio. Essendo un paese con un’economia basata sul settore terziario, di cui il caposaldo è l’industria elettronica, e producendo sull’isola solo il 16% del consumo d’elettricità, questa scelta era attualmente inevitabile. Un Giappone senza centrali nucleari attive indubbiamente è un Giappone più sicuro, ma non necessariamente più pulito.
I combustibili fossili sono ancora largamente utilizzati, soprattutto nell’industria. Per il momento, l’energia geotermica è considerata dai più, una risorsa naturale per il settore turistico (utilizzata per le stazioni balneari ad acqua calda), e non un’energia rinnovabile. Rappresenta infatti solo lo 0,3% del mix energetico giapponese.
Stranamente però, non passa giorno senza che dal Giappone giungano nuovi e sempre più incoraggianti segnali di una crescita sostenibile. Aziende private e pubbliche amministrazioni sono, infatti, doppiamente impegnate sul fronte della ricerca e della realizzazione di impianti per produrre energia elettrica pulita e in quantità sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico del maggior numero di persone possibili.
Ad avviare i primi piani di sviluppo sono state proprio le compagnie che fino a poco tempo fa investivano nei combustibili fossili, come ad esempio la Mitsubishi, la Toshiba e la Fuji Electric, che esportano il 70% delle turbine a vapore nelle centrali geotermiche del mondo.
L’elettricità ricavata dall’energia geotermica potrebbe essere la chiave di volta del Giappone. Già Lester Brown, presidente dell’US-based Earth Policy Institute, sostenne anni fa che: “il Giappone potrebbe fare dell’energia geotermica il centro della sua politica energetica come gli Stati Uniti o la Cina stanno facendo con il vento” divenendo quindi leader al mondo nello sfruttamento dell’energia della Terra.
Sviluppare impianti per l’energia geotermica potrebbe determinare per il Giappone anche un passo in avanti decisivo sulla strada dell’obiettivo della riduzione del 25% entro il 2020 dei gas serra, dal momento che questo paese è il quinto nella classifica mondiale per il tasso elevato di emissioni dannose in atmosfera.
Circa due anni fa il Central Research Institute of Electric Power Industry, l’Istituto di Ricerca del Giappone che opera in particolar modo nel settore dell’energia geotermica con il Governo giapponese, ha visitato lo stabilimento geotermico di Enel Green Power, presso la già citata capitale mondiale della geotermia al villaggio di Larderello. Riuscirà il paese nipponico ad emulare il grande successo di cui andiamo giustamente orgogliosi?