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Gli tsunami – che spesso sono causati da terremoti, da maremoti, da frane o da qualsiasi rilascio improvviso di energia sott’acqua – sono capaci di devastare le regioni costiere quando colpiscono la terra e, in quel preciso momento, non possiamo far nulla per fermare la loro forza distruttiva.
Ma secondo il matematico Usama Kadri, professore presso l’Università di Cardiff (Inghilterra), un modo per fermare gli tsunami ci sarebbe. Un modo che, a quanto pare, esiste già ed è a disposizione dell’uomo.
Di cosa si tratta? Delle onde acustiche gravitazionali, note anche come AGW.
Onde acustiche gravitazionali: cosa sono e come si formano
Le onde acustiche gravitazionali si formano naturalmente negli oceani, fendendo l’acqua alla velocità del suono.
Kadri, anche se per qualcuno quest’idea potrebbe sembrare alquanto originale, ha affermato che, controllando queste onde, si potrebbe ridurre lo slancio di uno tsunami e fare in modo che i suoi effetti sulla terraferma non siano così devastanti:
“Fino ad ora è stata prestata poca attenzione ai tentativi di mitigare gli tsunami e il potenziale delle onde acustiche gravitazionali, ancora oggi, risulta inesplorato.”
Le onde acustiche gravitazionali possono diramarsi per centinaia di chilometri e percorrere molte migliaia di metri. Si pensa anche che il plancton, uno dei cibi preferiti dalle balene (che non sa nuotare da solo), sfrutti queste onde per muoversi e per trovare cibo.
Lo studio di Usama Kadri: le onde acustiche gravitazionali come segnali di allarme precoci per gli tsunami
Le onde acustiche gravitazionali, secondo lo studio condotto da Kadri, potrebbero essere usate anche come sistemi di allarme precoci per gli tsunami, perché spesso danno il preavviso dell’arrivo di queste gigantesche masse d’acqua.
Stando all’opinione del matematico, la potenza di queste onde sonore sarebbe anche sufficiente per diminuire la forza di uno tsunami in corsa, quindi la maggior parte della sua energia verrebbe consumata prima che raggiunga la terra.
L’ipotesi si basa su calcoli di come l’energia potrebbe essere trasferita e dispersa sott’acqua e anche sul lavoro, precedentemente pubblicato da Kadri, sulla fisica delle onde acustiche gravitazionali.
Onde acustiche gravitazionali: come potremo usarle per fermare gli tsunami?
Arrivati a questo punto, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è un modo per progettare in modo artificiale e controllare queste onde sonore – qualcosa che Kadri non ha previsto nel suo studio.
Il modo migliore di fermare uno tsunami, per esempio, potrebbe essere quello di sfruttare le onde acustiche gravitazionali già presenti in natura.
In sostanza dobbiamo capire come “sparare” parte dell’energia creata da un disastro naturale, come uno tsunami o un terremoto, nella direzione opposta.
Per il momento i calcoli di Kadri rappresentano solo la prova di un concetto, ma se in futuro riusciamo a far funzionare e a mettere in pratica l’idea, potremmo non solo salvare molte vite umane, ma anche ridurre il rischio che il caos si propaghi su larga scala.
Prendiamo ad esempio il caso dello tsunami, e del successivo terremoto, che si verificò nel 2004 nell’Oceano Indiano e che portò anche allo spostamento dell’isola di Sumatra.
L’evento, oltre ad essere stato l’artefice della morte di più di 200mila persone, causò gravi danni alla comunità e agli ecosistemi locali.
Se potessimo controllare le onde acustiche gravitazionali, secondo Kadri, non solo non si verificherebbero più eventi simili in futuro, ma nell’ipotesi peggiore potremmo ridurne la potenza e far sì che i danni siano contenuti e le perdite umane minime, quando non ridotte a zero.
Potrebbe però passare un po’ di tempo prima che ci siano stazioni anti-tsunami sparse su tutte le coste del mondo, ma questo studio suggerisce anche che, un’idea in apparenza fantasiosa, in futuro potrà essere fattibile e anche adattarsi a qualsiasi situazione.
Si potrebbero, per esempio, adattare i meccanismi qui presentati per controllare altri processi geofisici violenti che, di solito, si generano nell’oceano, come frane, eruzioni vulcaniche, esplosioni sottomarine e meteoriti in caduta:
“Mentre le scale coinvolte possono differire in ciascun processo, i fenomeni fisici sottostanti coinvolti sono simili” ha aggiunto Kadri.
Lo studio, che sta già facendo discutere il mondo scientifico, è stato pubblicato nella rivista Heliyon.
Tsunami: cos’è e come si forma
Uno tsunami è una serie di onde generate in un oceano, o in un altro specchio d’acqua, da un disturbo come un terremoto, una frana, un’eruzione vulcanica o l’impatto di un meteorite (quest’ultimo però è molto più raro).
I terremoti sottomarini, che si verificano in genere ai confini tra le placche tettoniche della Terra, provocano il movimento dell’acqua verso l’alto o verso il basso.
Le onde dello tsunami si formano quando l’acqua spostata, che agisce sotto l’influenza della gravità, tenta di ritrovare una posizione stabile.
Anche le frane sottomarine, che possono essere provocate da grandi terremoti, possono causare la formazione di onde di tsunami quando l’acqua tenta di ritrovare una posizione stabile.
Le eruzioni vulcaniche sottomarine possono creare abbastanza energia da sollevare una colonna d’acqua e generare uno tsunami.