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L’oceano Pacifico bagna le coste del Cile per ben 6.453 km e, dal momento che rappresenta una validissima risorsa (pressoché infinita) perché non sfruttarla – in quanto energia idrica – per produrre energia elettrica?
L’idroelettrico è una fonte di energia rinnovabile, quindi pulita, disponibile e in quantità illimitata, che permette di trasformare l’energia in varie forme, rispettando ovviamente i principi della termodinamica. Negli impianti tradizionali (come quelli in montagna) l’energia potenziale gravitazionale posseduta da una massa d’acqua posta ad alta quota e quindi in seguito rilasciata è trasformata, nel momento in cui supera un certo dislivello, in energia cinetica, così che si possa sfruttare la sua velocità per mettere in moto le pale di un generatore.
Per farlo è necessaria la creazione di dighe, di bacini artificiali, o lo sfruttamento di laghi e, tramite delle condutture forzate, l’acqua è convogliata a valle per far in modo di mutare la sua energia potenziale in energia di pressione e cinetica.
Per il Cile, allora, la risposta all’esigenza di diversificazione energetica potrebbe venire dal mare.
L’energia marina proviene principalmente da due fonti:
- Dalle onde, la cui energia cinetica immagazzinata grazie alla spinta del vento può essere trasformata in energia elettrica. La quantità di energia sfruttabile ovviamente dipende da dall’ampiezza e dall’intervallo di tempo che intercorre tra un’onda e quella successiva. Questi parametri sono in funzione della velocità del vento e della massa d’acqua sottostante.
- Dall’intervallo delle maree, date dall’attrazione gravitazionale tra Terra, Luna e Sole. Per ricavare energia è possibile sfruttare lo spostamento della massa d’acqua: quando il livello dell’acqua si alza, la massa viene fatta fluire in un bacino, facendola passare attraverso delle turbine collegate ad un generatore che serve a produrre elettricità. Quando l’acqua si ritira, se le turbine sono reversibili e si azionano nuovamente.
A queste si aggiunge l’energia cinetica sfruttabile dalle correnti.
Che cosa dice la ricerca?
Secondo uno studio commissionato dal Banco Interamericano de Dessarrollo (BID), il “Primary site selection-Chilean marine energy resources”, il Cile ha un potenziale di energia elettrica prodotta dalle onde oceaniche di 56 GW, dimostrandosi, così, una potenza mondiale.
Tuttavia, la ricerca sottolinea anche che solo il 10% dell’energia marina disponibile sia dalle onde che dalle maree è quella attualmente installata nel Sistema Interconectado Central del Cile, più di 15.500 MW.
Il potenziale del mare è enorme ed è stato a lungo studiato. Le coste più promettenti sembrano essere quelle meridionali poiché molto più profonde a mano a mano che ci si muove verso l’Antartide. Infatti, più le acque sono profonde, più il suo potenziale energetico aumenta.
Le tecnologie utilizzate fino ad ora sono ancora solamente prototipi europei – in particolar modo italiani – poiché il Cile non possiede né la capacità scientifica a livello di risorse di scienziati e di tecnologie, né la capacità finanziaria per poter rendersi autonomi dagli altri paesi.
Il governo cileno ritiene che tali progetti possano far diventare il Cile (e i suoi 17,6 milioni di abitanti) leader non solo sudamericano, ma anche mondiale nel campo delle energie marine. L’obiettivo sarebbe quello di far sviluppare le conoscenze in modo tale da metterle a disposizione dell’industria, così da favorire l’integrazione e la promozione delle tecnologie che possa portare, in futuro, ad una diversificazione del mix energetico locale.
Cosa prevede il piano energetico del Cile per i prossimi anni?
Secondo i dati ufficiali raccolti, la domanda di energia elettrica in Cile sarà soggetta, nei prossimi 10 anni, ad un aumento del 54% e nel 2015 è stato lanciato dal governo il “Plan Energia 2050”.
Questo prevede che nel 2015 il 70% dell’energia elettrica provenga da fonti rinnovabili (circa 7 volte in più dello sfruttamento attuale) e che entro il 2035 il 40% di questa energia dovrà provenire da energie rinnovabili, ma non idroelettriche. L’obiettivo è senza dubbio molto ambizioso ed è realizzabile in vasta scala specialmente grazie all’aiuto ed al sostegno dell’Unione Europea ed, in particolar modo, della Francia, la quale aiuta a finanziare le ricerche.
Senza la minima ombra di dubbio l’ipotesi di poter sfruttare l’Oceano (purché questo avvenga in maniera responsabile) per poter ricavare energia pulita è una valida alternativa all’utilizzo ormai eccessivo delle risorse primarie tradizionali quali i combustibili fossili.
Inoltre, è bene aggiungere che anche solo dal punto di vista economico tale situazione appare vantaggiosa perché il mare è lì, è attaccato alla costa e non si devono andare a deturpare paesaggi con la costruzione di dighe o andare a deviare i corsi d’acqua degli affluenti, cosa che è enormemente dispendiosa.
È, tuttavia, necessario anche valutare con attente analisi quali impatti avranno sull’ecosistema tali centrali. Infatti, andranno ad impattare sulla flora e la fauna, provocheranno modifiche morfologiche del territorio. I banchi dei peschi potrebbero subire mutazioni nelle loro migrazioni e il paesaggio stesso e, quindi, il turismo possono venire danneggiati.
Va da sé che ogni singola azione umana è considerata un fattore d’impatto ambientale ed è quindi per noi impossibile vivere senza inquinare. Ma come possiamo farlo il meno possibile o, quanto meno, come diventare più responsabili?