“Non è bene cercare di fermare il progresso della conoscenza. L’ignoranza non è mai meglio della conoscenza.” La storia dell’energia nucleare parte da Enrico Fermi.

Premio Nobel nel 1938, dedicò la sua vita agli studi sulla fisica nucleare fino a progettare e realizzare il primo reattore a fissione e a essere parte integrante del progetto Manhattan, che portò alla creazione della bomba atomica.

Questi due aspetti sono l’emblema dell’energia nucleare: dal punto di vista della produzione energetica molto efficiente ma che allo stesso tempo può avere effetti negativi sulla proliferazione di armi atomiche.

Perché, pur avendo avuto uno tra i migliori fisici nucleari della storia, in Italia NON ci sono centrali di questo tipo?

Panoramica sull’energia nucleare

energia nucleare

Il nucleare copre l’11% della richiesta mondiale di elettricità, il 27% in Europa. In Francia, addirittura, il 72% dell’elettricità prodotta internamente deriva dalle centrali a fissione. Secondo i dati dell’IEA (Internation Energy Agency), oggi, per il nucleare a fissione, ci sono circa 400 GW di potenza installata.

Gli Stati Uniti la fanno da padrone, con 105 GW, seguiti da Francia (66) e Giappone (44), che però sta rivalutando la propria politica energetica dopo l’incidente di Fukushima.

Globalmente, la maggior parte dei reattori attualmente in funzione ha superato la metà della sua vita utile e non esistono altrettanti progetti che andranno a sostituire le centrali in fase di smantellamento. La Cina però, si conferma attenta alla sua crescente richiesta di energia e, oltre ai consistenti finanziamenti per il solare, investe anche in reattori a fissione (32 GW in costruzione).

A proposito della radioattività

L’energia nucleare è legata al fenomeno della radioattività. Il nucleo atomico è formato da neutroni e protoni; i primi hanno carica neutra mentre i protoni hanno carica positiva.

Intorno al nucleo si trovano gli elettroni, portatori di carica negativa che garantiscono la stabilità dell’elemento. Intervenendo sulla materia si può rompere questo equilibrio.

Una trasmutazione nucleare è infatti una modifica della struttura del nucleo, come la perdita (o cessione) di un protone, con la quale un elemento cambia il proprio numero atomico (cioè il suo numero di protoni).

Se invece cambia il numero di neutroni presenti nel nucleo, cambia il numero di massa (cioè la somma di neutroni e protoni) e quindi si parla di isotopo di un elemento.

Ci sono due principali reazioni che si possono svolgere a livello del nucleo: un nucleo pesante (con alto numero atomico) si può scindere in due parti di massa apparentemente uguale (fissione) o due nuclei leggeri si possono unire per formarne uno pesante (fusione). Entrambi i fenomeni sono associati a un rilascio di energia, cioè il calore con il quale successivamente si produce energia elettrica.

La fissione nucleare

fissione nucleare

Infatti, la massa del nucleo finale è minore dei singoli nucleoni isolati. La massa che “scompare” diventa energia secondo la famosa legge sull’equivalenza massa-energia di Einstein (E=mc^2).  Massa ed energia sono inevitabilmente due facce della stessa medaglia.

L’energia che tiene insieme le particelle fondamentali del nucleo (fissione) viene rilasciata sotto forma di calore quando queste vengono separate. Stesso principio vale per l’energia che serve per tenere separati due piccoli nuclei e che si libera quando questi vengono uniti insieme (fusione).

In questo articolo si sono differenziate da subito i due diversi fenomeni riproducibili nella fisica nucleare: fissione e fusione.

La fissione è un processo che viene utilizzato per produrre elettricità da più di mezzo secolo. L’uso dell’energia proveniente dalla scissione di un nucleo grazie all’intervento di un neutrone esterno si basa sulla produzione di una reazione a catena: il primo nucleo scisso rilascia energia e 2/3 neutroni di fissione che a loro volta impattano un nuovo nucleo e così si crea un fenomeno ripetitivo.

Vengono utilizzati nuclidi che abbiano almeno un numero atomico di 90 (come il Torio) e gli elementi possono essere suddivisi in fissili (che non richiedono grandi energie per essere separati), fissionabili (che richiedono più alte energie per dividersi) e fertili (che favoriscono la reazione a catena).

Per quanto riguarda la produzione di energia, se confrontato con petrolio e carbone, il nucleare è molto più performante: un chilogrammo di petrolio produce intorno alle 10000 chilocalorie, un chilo di carbone tra le 5000 e le 7000 mentre un chilo di uranio mediamente produce 100 milioni di chilocalorie!

Ci sono diversi tipi di centrali nucleari

I PWR (Pressurized Water Reactor, ad acqua pressurizzata) sono la tecnologia più utilizzata. All’interno del reattore le barre di combustibile sono soggette alla reazione a catena descritta precedentemente, producono calore e conseguentemente scaldano l’acqua che circola appena all’esterno del nucleo del reattore.

Quest’acqua viene poi pressurizzata e inviata a uno scambiatore di calore in cui viene generato del vapore che, entrando in turbina, produce elettricità con uno dei più semplici fenomeni termodinamici, già ampiamente sfruttato in centrali a gas e carbone.

La reazione può essere controllata tramite delle barre di controllo composte da un elemento chiamato moderatore, il quale è in grado di rallentare il fenomeno a catena e quindi di regolare l’intensità della produzione di calore.

Ovviamente tutto il sistema è circondato da pompe che regolano la circolazione dei fluidi termodinamici interessati e da sistemi di sicurezza che tengono separata l’acqua che viene a contatto con il calore radioattivo e quella usata per la produzione di vapore.

E’ importante ricordare che non tutto l’uranio all’interno delle barre di combustibile subisce il processo di fissione e perciò altre infrastrutture legate al ri-processamento dell’uranio esausto fanno parte della filiera del combustibile.

L’uranio

uranio

Come detto, il principale combustibile usato nei reattori a fissione è l’uranio. L’estrazione avviene in miniere che ricavano quello che in gergo viene chiamato “yellow cake” cioè un ossido di uranio (U3O8), non puro, d’intenso color giallo.

La purificazione dell’elemento avviene con l’aggiunta del biossido di uranio. Per far si che il combustibile sia il più reattivo possibile e produca reazioni a catena di continuo si applica “l’arricchimento” che aggiunge componenti di Uranio 235 al più stabile Uranio 238.

A questo punto il combustibile dev’essere inserito all’interno delle barre che costituiscono il nucleo del reattore e con le quali verrà prodotta l’energia richiesta.

Il ciclo di vita dell’uranio, dalla sua estrazione fino alla messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, è sicuramente uno degli ambiti più dibattuti sull’energia nucleare. E’ un elemento che si trova per lo più in Australia, Canada e Kazakistan e che dev’essere trasportato in tutti quei paesi che non hanno un accesso diretto a questa risorsa.

Chiaramente, la fase più delicata di tutte è la messa in sicurezza delle scorie radioattive. Dopo essere state utilizzate, le barre di combustibile vengono temporaneamente stoccate in una piscina piena d’acqua all’interno del complesso del reattore; dopodiché, il combustibile esausto può essere riprocessato in modo da utilizzare fino in fondo il materiale fissile oppure se all’interno della barra si trova solo la parte dell’elemento non utilizzabile, questa viene riposta in un interim storage, cioè un sito all’asciutto dove si possono mettere in sicurezza le barre.

L’ultimo passo è lo stoccaggio del combustibile esausto in “bunker” sotterranei, dove bisogna attendere per centinaia di anni che il materiale completi il suo ciclo di decadimento.

La fusione nucleare

Dopo aver largamente spiegato come funziona la fissione, è ora di passare alla seconda delle due reazioni atomiche citate precedentemente: la fusione.

La fusione nucleare è un fenomeno che avviene continuamente all’interno del Sole, a temperature altissime: un atomo di deuterio e uno di trizio (due atomi con bassi numeri atomici e isotopi dell’idrogeno) creano un atomo più pesante di elio, un neutrone libero e un conseguente rilascio di energia.

Se per ogni neutrone coinvolto nella fissione si ottengono 0,85 MeV (unità di misura dell’energia usata nella fisica delle particelle), dalla fusione si ottengono circa 4,4 MeV a neutrone. E’ quindi un fenomeno molto più efficiente e che produce molta più energia rispetto alla fissione.

fusione nucleare

I neutroni, ricchi di energia verranno poi immessi nel cosiddetto blanket, una struttura di contenimento, dove i neutroni, tramite urti e interazioni, si termalizzano e lo scaldano.

Il blanket è collegato a uno scambiatore di calore che fornirà successivamente il fluido termovettore riscaldato a un collaudato impianto a vapore. I vantaggi di questa reazione, a parte il grandissimo quantitativo energetico producibile, riguardano:

  • L’ampia reperibilità dei materiali (il deuterio si trova nell’acqua mentre il trizio può essere ricavato dal litio)
  • La non emissione di gas serra dovuta alla produzione di elettricità (stesso vale per la fissione)
  • La mancanza di reazioni a catena, quindi la facile controllabilità del processo
  • L’assenza di scorie radioattive a lunga vita (o almeno non lunga come le scorie radioattive derivate dalla fissione).

Sono tutti grossi vantaggi rispetto agli attuali metodi di produzione di energia elettrica ma la messa in pratica della fusione si scontra con delle difficoltà di carattere fisico che ad oggi NON siamo ancora riusciti a superare.

Il reattore sperimentale a fusione ITER, situato in Francia ma che si avvale dell’aiuto e dei finanziamenti di diverse nazioni nel Mondo, è un progetto con il quale si spera di produrre il primo kWh a fusione nel 2050.

Le difficoltà relative all’utilizzo della fusione, riguardano le alte temperature richieste per innescare la reazione e il conseguente confinamento del plasma, uno stato della materia che si raggiunge solo a certe temperature e che a contatto con le strutture del reattore rischia di creare danni irreparabili ai materiali strutturali.

Gli impatti ambientali dell’energia nucleare

A favore del nucleare, ci sono alcuni dati ambientali: uno studio che ha analizzato più di 150 pubblicazioni sugli impatti ambientali delle diverse fonti di energia, ha rivelato quali sono le emissioni di elementi inquinanti relative alle diverse centrali elettriche, considerando tutti gli step collegati, dalla costruzione della centrale fino al trasporto dei combustibili.

Ad esempio, per quanto riguarda le emissioni di gas a effetto serra, le centrali nucleari hanno un range che va da 3 a 35 chilogrammi di anidride carbonica per megawattora prodotto (kg CO2eq./MWh), mentre le centrali elettrice a carbone e quelle a gas naturale emettono tra i 660 e i 1050 kg CO2eq/MWh le prime e tra i 380 e i 1000 kg CO2eq./MWh le seconde; analizzando gli ossidi di azoto (NOx), colpevoli di acidificare i terreni, creare problemi respiratori e favorire la composizione di ozono a bassa quota, il divario è sempre netto: 0.01-0.04 kg NOx/MWh per le centrali nucleari, 0.3-3.9 kg NOx/MWh per quelle a carbone e 0.2–3.8  kg NOx/MWh per quelle a gas naturale.

Per quanto concerne le emissioni di diossido di zolfo (SO2), principale responsabile delle piogge acide, l’elettricità proveniente dal nucleare crea 0.002-0.038 kg SO2/MWh contro i 0.03-0,67 e i 0.01-0.32 di carbone e gas naturale.

Come si puó facilmente notare, la produzione di 1 MWh di elettricità derivante dalla fissione è molto meno impattante di 1 MWh creato grazie a carbone e gas, almeno per le categorie di impatto ambientale citate.

Nucleare in Italia

reattori nucleari in italia

In Italia l’energia nucleare è stata sfruttata in 4 diverse località tra il 1963 e il 1990. Le prime tre centrali furono costruite seguendo modelli differenti, una PWR, una BWR (Boiling Water Reactor) e una Magnus (di produzione inglese).

Congiunte, arrivarono a coprire circa il 5% del fabbisogno energetico nazionale. Un primo referendum, svoltosi nel 1987, un anno dopo il disastro di Chernobyl, portò alla chiusura di tutte e quattro le centrali attive sino a quel momento.

Per sopperire a una bassa ma pur sempre consistente perdita di capacità produttiva, l’uso di fonti sostitutive come carbone e gas naturale venne incrementato, aumentando le importazioni di combustibili e i conseguenti impatti sul territorio.

Per rendere il paese meno dipendente dalle importazioni di elettricità e di combustibili fossili dall’estero, nel 2008 si portò alla ribalta il dibattito sull’energia nucleare, il quale aveva la finalità di convincere l’opinione pubblica sull’utilità di costruire dieci nuove centrali a fissione sul territorio italiano, per uno share complessivo che avrebbe raggiunto il 25% della capacità elettrica italiana.

Il referendum si svolse nel giugno 2011, ancora una volta pochi mesi dopo un altro importante incidente come quello di Fukushima e si rivelò un completo fallimento per i gruppi pro-nucleare: il 94% dei votanti si dichiarò a sfavore di una nuova introduzione di potenza elettrica nucleare sul territorio. Gli italiani erano spaventati dalle conseguenze di un incidente nucleare nel loro paese.

A Fukushima le autorità obbligarono ad evacuare una zona di raggio di 20 km dalla centrale, ma secondo uno studio del King’s College di Londra, più di 32 milioni di giapponesi vennero affetti in modo indiretto.

Soprattutto la contaminazione del terreno e delle acque circostanti, porto’ all’inquinamento di grandi risorse primarie della zona, creando una giustificata preoccupazione per i prodotti derivanti dall’area di disastro.

Come già introdotto nella prima parte del testo però, la Francia produce più del 70% totale della sua energia dalle centrali a fissione. Un terzo dell’energia che l’Italia importa dai paesi confinanti è prodotta in territorio francese. La centrale più vicina al confine con l’Italia è quella di Cruas, tra Avignone e Lione, a circa 200 km di distanza.

Il dibattito sul nucleare in Italia ha oramai perso il proprio appeal, a seguito della cocente sconfitta dei pro-nucleare nel 2011. In un momento storico in cui una delle priorità a livello mondiale è quella di ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera per non superare il tanto famoso limite di aumento della temperatura di 2 ℃ entro il 2050 rispetto al periodo pre-industriale, delle riflessioni su come produciamo la nostra energia elettrica sarebbero di vitale importanza.

Tanto più che quest’ultima rappresenta una delle attività umane più impattanti a livello di emissioni dannose per l’ambiente e che valide alternative già esistono.