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Le energie rinnovabili sono lo strumento eco-compatibile che abbiamo per produrre l’energia elettrica utile a tutte le attività principali delle nostre vite. Per raggiungere gli obiettivi della conferenza delle parti di Parigi 2015, e cioè contenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi centigradi, è necessario ridurre sensibilmente l’utilizzo dei sistemi di produzione alimentati da fonti fossili.
A favore di questo cambiamento, che dovrà essere consistente e repentino, arriva la recente notizia descritta dagli analisti del sito Bloomberg New Energy Finance, secondo i quali, nel giro di qualche anno, i costi del fotovoltaico saranno più bassi di quelli del carbone in tutto il mondo. Grazie ai minori costi delle componenti solari e a una concorrenza più agguerrita tra i produttori di pannelli fotovoltaici, i costi dell’energia solare negli ultimi 8 anni sono scesi di più del 60%.
Da cosa è composto un pannello fotovoltaico?
Il componente fondamentale di un pannello solare è la cella fotovoltaica, in cui avviene la conversione della radiazione solare in corrente elettrica.
La cella è costituita da una sottile fetta di materiale semiconduttore, generalmente silicio (Si). Tra le tecnologie di moduli fotovoltaici attualmente in produzione, l’89% è occupato da celle realizzate in un materiale che viene detto polisilicio. In particolare la prima generazione di pannelli, dello spessore complessivo tra i 100 e 150 micrometri, è quella più diffusa attualmente nel mondo.
Grazie all’alta qualità dei materiali, che possono resistere ad alte temperature, ma necessitano di un elevato fabbisogno energetico, il rendimento delle celle in silicio si avvicina al limite teorico del 33%. Le buone notizie derivano dal fatto che i costi di manodopera per la produzione di questa tecnologia sono in fase decrescente, e si stanno sperimentando sempre con maggiore successo generazioni successive di pannelli solari.
Cosa ci dicono le analisi di mercato?
La notizia che invece potrebbe destabilizzare il mercato energetico arriva dalla società di analisi di mercato Bernreuter Research che nel recente report Polysilicon Market Outlook 2020, analizza il mercato del polisilicio.
L’evidenza di un progressivo rallentamento della domanda e un parallelo aumento della capacità provocherà dei veri e propri squilibri, per colpa dei quali alcune aziende rischiano di essere tagliate fuori dal mercato. Il dato su cui si concentrano gli analisti è il probabile crollo dei prezzi del semiconduttore che passeranno dagli attuali 14 dollari al kg a meno di 12 dollari al kg nel 2018. Già gli scorsi due anni l’eccessiva produzione di silicio ha ingigantito le riserve di questo materiale, in quanto la richiesta per realizzare celle fotovoltaiche non è stata altrettanto alta.
Una tecnologia utilizzata per ottenere silicio policristallino di grado elettronico e a basso costo, chiamata FBR e cioè reattore a letto fluido, NON ha confermato i buoni risultati ottenuti durante la sua sperimentazione. Secondo gli esperti, molte delle sfide tecniche da superare per realizzare una tecnologia di questo tipo sono state sottovalutate. Una brutta botta per quanto riguarda i produttori del semiconduttore più utilizzato ad oggi.
Johannes Bernreuter, a capo del Bernreuter Research, ha rilasciato una dichiarazione che farà ancor di più tremare alcune aziende produttrici: “Soltanto il boom di installazioni cinesi che si è verificato nei primi mesi del 2016 ha salvato l’industria del polisilicio da un ancora più grave eccesso di offerta.
Tra il 2017 e il 2019 la nuova capacità del polisilicio dovrebbe toccare quota 141 mila megatonnellate, il 70% della quale in Cina, mentre il tasso di crescita di nuovi impianti fotovoltaici affonderà del 10%. Questa disparità tra domanda e offerta si tradurrà in una concorrenza spietata tra i vari produttori”.
La Commissione Europea continua però, incurante di queste problematiche, a tassare il fotovoltaico cinese che arriva in Europa, tra l’altro senza ascoltare le ragioni dei paesi contrari e della Cina stessa, rivendicando esplicitamente di non interessarsi delle eventuali conseguenze negative per la crescita di questa tecnologia, per il loro contributo nel mix energetico europeo, e appunto i rischi legati al sovraffollamento del mercato.
Il grosso problema è che essendo l’estrazione e la produzione di silicio le prime fasi dell’intera catena di utilizzo del materiale, in tutta la filiera del fotovoltaico i prezzi si sono ridotti significativamente e continueranno a calare almeno fino al 2018 , a causa come detto della diminuzione della domanda su scala globale e dell’aumento della produzione del polisilicio.
Quest’anno l’eccesso di offerta rispetto alla domanda sarà tra il 18 e il 35%. E’ sicuramente un aspetto positivo per i clienti finali , ma non per i produttori.
Che alternative al polisilicio?
Le alternative però non mancano:
- La seconda generazione di celle fotovoltaiche a film sottili, (spessori di un micrometro), necessita di basse temperature, quindi bassi fabbisogni energetici e conseguentemente bassi costi di produzione. Hanno rendimenti modesti ma in costante crescita. Possono essere composti da diversi materiali come il tellururo di cadmio o il silicio amorfo.
- La terza generazione si riferisce a diverse tecnologie, non ancora pienamente disponibili sul mercato, caratterizzate da costi bassi o efficienze molto elevate. Fanno parte di questa categoria le celle multigiunzione, le celle a concentrazione, l’uso della generazione di calore in eccesso per aumentare tensione e corrente e i polimeri semiconduttori.