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Ogni opera d’arte ha un autore, un luogo che la ospita e… una luce che la illumina “ad arte”.
Ma qual è il modo migliore per illuminare un dipinto, un affresco o una scultura in qualsivoglia contesto esso si trovi: museo, luogo di culto o esposizione temporanea?
Per illuminare al meglio le opere d’arte riuscendo a valorizzarle e, al contempo, a proteggerle, occorre rispettare una serie di criteri.
Ogni progetto di illuminazione in ambito museale deve misurarsi con esigenze e vincoli apparentemente in contrapposizione: da una parte la necessità di garantire una corretta visione e fruizione dell’opera e dell’altra i limiti imposti dalla Sopraintendenza per i Beni Culturali sulla fotosensibilità dei materiali e gli standard di riferimento internazionali.
Le opzioni sono diverse e dettate dalle singole circostanze ma la premessa fondamentale di ogni scelta dovrebbe essere quella di illuminare le opere senza prevaricarne la bellezza, rendendole nitide e mettendole in risalto.
Le luci dovrebbero accendere i contrasti, accentuare le zone d’ombra o anche donare al soggetto un aspetto naturale. Per ottenere il miglior risultato va dosata l’intensità della luce, scelta la giusta temperatura di colore e impostata la giusta inclinazione alla sorgente luminosa.
Quadro o scultura: la luce cambia
Per le opere grafiche e pittoriche, occorre un’illuminazione uniforme su tutta la trama della tela.
Per le opere scultoree, invece, occorrono degli illuminamenti che ne valorizzino la tridimensionalità favorendo l’alternarsi di zone di chiaro e di scuro e garantendo così un effetto plastico. Una sorgente luminosa posizionata in posizione frontale alla base della statua può offrire un effetto drammatico, evidenziando anche una certa staticità.
Se, invece, si aumenta l’illuminazione frontale, si ottiene un appiattimento delle forme. Se, infine, si usano due proiettori, uno di fronte e uno dietro, sulla figura viene a crearsi un effetto che conferisce tridimensionalità e dinamicità.
È l’opera che detta la progettazione
Illuminare a giorno tutto l’ambiente, illuminare solo la parete interessata dalle opere e parte dell’ambiente, o illuminare solo le opere?
Questa scelta dipende dalla datazione dell’opera e dalla sua cifra stilistica: per gli autori “antichi” si preferisce un’illuminazione puntuale concentrata solo sulle singole opere mentre per i “contemporanei” si opta spesso sull’illuminare anche e uniformemente le pareti o l’intero ambiente.
La luce deve essere proiettata verso il basso e mai direttamente sull’opera così da non produrre dei fastidiosi riflessi.
Per ottenere il migliore risultato viene consigliata un’inclinazione di 30° tra la sorgente e il soffitto, che consente di eliminare o ridurre ombre e riflessi, anche nel caso in cui l’opera sia protetta da un vetro.
Truccare le opere
La luce dovrebbe avere una funzione “cosmetica”, riuscendo a nascondere le lievi imperfezioni che l’inesorabile passare del tempo ha causato sull’opera.
Bisogna quindi “truccare” l’opera senza che l’osservatore se ne accorga, ossia far in modo che la luce non manifesti la propria distraente presenza, ad esempio tramite filtri diffusori i quali fanno in modo che la luce che colpisce l’opera svanisca sulla cornice o gradualmente sulle pareti evitando così di produrre forme e macchie luminose che potrebbero distrarre l’attenzione.
Luca calda o luce fredda?
È solitamente una scelta difficile per l’illuminazione della propria abitazione, figuriamoci quanto possa essere importante per dare vita a un’opera senza tempo.
La temperatura di colore della luce utilizzata è una valutazione di primaria importanza per ottenere un’illuminazione fedele e ottimale.
La luce deve avere dei toni che si adattino ai colori dell’opera. Con prevalenza di colori come il rosso, il giallo e l’arancione è preferibile l’uso di luci calde che sviluppino una temperatura di colore intorno ai 3000 K, mentre laddove prevalgano tonalità fredde, come il blu, il viola e il grigio, la luce deve essere fredda, con temperature dai 4000 ai 5000 K.
Spesso questa indicazione coincide con la scelta di utilizzare una luce calda per gli autori “antichi” e una luce più fredda per quelli “contemporanei”. Infine, una temperatura di colore pari a 4000 K, corrispondendo ad una luce bianca naturale, può adattarsi a qualsiasi opera, indipendentemente dai colori prevalenti.
Attenzione alla fotosensibilità
Gli oggetti più comunemente esposti nei musei e nelle gallerie d’arte sono suddivisi in tre classi: oggetti con bassa, media e alta sensibilità alle radiazioni.
A ogni classe è associato un livello d’illuminamento massimo consentito:
- materiali estremamente sensibili alla luce (mummie, seta, arazzi, acquerelli, cuoio…): max 50 lux;
- materiali moderatamente sensibili alla luce (pitture a olio e a tempera, affreschi, avorio, legno…): max 150 lux;
- materiali relativamente sensibili alla luce (metallo, pietre, ceramiche, vetro…): max 300 lux.
Ovviamente, tali livelli sono pensati col duplice obiettivo di proteggere l’opera e di garantirne il corretto illuminamento, sufficiente a far distinguere tutti i dettagli.
Ma quale tecnologia scegliere?
La luce se usata in modo errato può causare danni come l’alterazione dei colori o l’indebolimento dei materiali.
Attualmente la migliore tecnologia per il nostro scopo è quella LED, infatti a differenza delle lampade alogene, quelle a LED non emanano calore e non emettono raggi UV e IR risultando, così, le più “delicate” nei confronti delle opere.
Inoltre, rappresentano anche la scelta più economica ed ecologica.