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Molto spesso i proprietari di un hotel o struttura alberghiera, di fronte ai continui cambiamenti delle aliquote iva agevolate degli ultimi anni, non conoscono quali di queste possono richiedere alle imprese che si occupano di ampliare o ristrutturare i loro edifici.
Ecco quindi un articolo che risponderà alla domanda nella maniera più chiara ed esaustiva possibile.
Quale aliquota iva si applica per l’ampliamento di una struttura alberghiera?
L’ampliamento di un edificio, indipendentemente da quello che è il suo classamento catastale, segue, ai fini IVA, le stesse regole inerenti alle “nuove costruzioni” in quanto la porzione ampliata viene considerata a tutti gli effetti come una “nuova costruzione”.
Pertanto le fatturazioni derivanti da uno o più contratti d’appalto relative ad un intervento finalizzato all’ampliamento di una struttura alberghiera sono soggette all’aliquota IVA ordinaria del 22% in quanto non esistono agevolazioni fiscali, in tema d’IVA, per la costruzione di fabbricati ad uso diverso dall’abitazione (in questo caso la struttura alberghiera).
E per quanto riguarda manutenzioni e ristrutturazioni?
I fabbricati civili che rientrano nell’agevolazione dell’IVA al 10% sono quelli che hanno più del 50% della superficie adibita a uso privato, cioè quelli definiti a prevalente destinazione abitativa.
Le categorie di immobili ammesse sono quindi:
• unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A/1 ad A/11, esclusi gli uffici A/10;
• relative pertinenze;
• parti comuni degli edifici a prevalente destinazione abitativa;
• edifici di edilizia residenziale pubblica se connotati dalla prevalenza della destinazione abitativa;
• edifici assimilati alle case di abitazione non di lusso, se costituiscono stabile residenza di collettività, quali conventi o ospizi.
Anche qui pertanto va applicata l’aliquota del 22%.
Sanzioni e responsabilità del venditore
La regola generale prevede che per una applicazione non corretta di aliquote IVA ridotte, ai sensi art. 6, commi 1-4 del decreto legislativo 471/1997, al soggetto obbligato all’emissione della fattura venga applicata una sanzione che può andare dal 90% al 180% dell’imposta indicata in misura non inferiore a quella dovuta, con un minimo previsto pari a 500 euro.
Va ricordato che, in base a quanto precisato dal Ministero delle Finanze con Risoluzione 361705 del 05/01/1979 l’operatore economico che effettua la cessione o la prestazione di servizi deve assicurarsi in concreto che sussistano i presupposti per l’applicazione dell’IVA ridotta, non avendo carattere esimente da “sanzioni” l’eventuale dichiarazione rilasciata dal committente dei lavori circa la sussistenza dei requisiti per la concessione del beneficio fiscale applicabile.
Successivamente, con le Circolari n. 1/E del 2 marzo 1994 e n. 22/E del 30 marzo 1998, il Ministero delle Finanze ha ribadito che l’applicazione delle aliquote IVA ridotte è subordinata al rilascio, da parte dell’acquirente, e sotto la sua responsabilità, di una “dichiarazione” circa l’utilizzazione dei beni finiti.
Per qualsiasi informazione ulteriore si consiglia di rivolgersi ad un professionista abilitato, quale il proprio commercialista.